ASCOLTA IL SERVIZIO ON-LINE |
"Scelta contro il burocratismo borbonico non da paese civile"
ANNUNCIO CHOC, GIOVANNI SCHIAVON: "MI DIMETTO"
L'audio. Il presidente del tribunale di Treviso lascia la magistratura
TREVISO – (es-gp) Il tribunale di Treviso non ha più un presidente. Il dottor Giovanni Schiavon, dopo 44 anni e 3 mesi di carriera in magistratura, ha annunciato le sue dimissioni al Csm lasciando in modo irrevocabile la sua carica di presidente del tribunale ma anche di magistrato. Una presa di posizione netta e decisa contro, spiega Schiavon "il burocratismo borbonico della giustizia, non da paese civile". Un annuncio inaspettato per denunciare e prendere le distanze dai mali della giustizia italiana, dagli organi di potere, dal correntismo e dalla spartizione correntistica. Una decisione figlia insomma di un senso di nausea per l'impossibilità di svolgere l'attività di magistrato in maniera indipendente. Si tratta di una rottura definitiva dal Consiglio Superiore della Magistratura, dall'Associazione Nazionale Magistrati e da un sistema giustizia ormai “lottizzato e monopolizzato”. Giovanni Schiavon continuerà il suo impegno civile a favore dei cittadini, come ha già fatto dando vita alla Fondazione Giustizia meno di due settimane fa. Amareggiato ma convinto di quanto ha deciso, l'ormai ex presidente del tribunale di Treviso ha smentito di voler intraprendere una carriera politica.
L'annuncio con un comunicato che recita:
"Comunico di aver rassegnato le dimissioni da Presidente del Tribunale di Treviso e da magistrato. Ho svolto per ben 44 anni le mie funzioni tra mille problemi, difficoltà ed insidie, sforzandomi sempre di dare ai cittadini un adeguato servizio di giustizia e contribuire a migliorare l'arcaico sistema organizzativo che lo esprime.
Resomi conto che nessuno sforzo, dall'interno, riuscirebbe mai a farlo significativamente crescere ho deciso di tentare altri strumenti, assicurando ai cittadini che mi sforzerò sempre di mantenere il mio impegno civile perchè inefficienze, burocratismi e diffuse prevaricazioni statalistiche, provenienti da ben noti gruppi di potere, non continuino a far prevalere l'interesse di pochi su quello della collettività".
f.to Giovanni Schiavon
Dopo l'annuncio delle dimissioni irrevocabili di Giovanni Schiavon da presidente del tribunale di Treviso e da magistrato per un “insanabile dissenso con il Csm”, che si configura come un sistema “borbonico e degenerato”, la risposta del Consiglio Superiore non si è fatta attendere. Nel giro di qualche ora l'organo di autogoverno dei magistrati ha sottolineato che Giovanni Schiavon rischiava il trasferimento d'ufficio per “incompatibilità parentale con il figlio che svolge la professione di avvocato”. E la decisione era ormai imminente visto che martedì prossimo si sarebbe riunito il plenum per votare in via definitiva, dopo il rinvio di 20 giorni fa per l'assenza di Schiavon che aveva mandato un certificato medico. A chiedere all'assemblea di Palazzo dei Marescialli il trasferimento di Schiavon era stata la Prima Commissione con 5 voti a favore e soltanto uno contrario, quello del togato di Unità per la Costituzione Riccardo Fuzio. Tra l'ormai ex presidente del tribunale e il Csm non corre buon sangue. Giovanni schiavon era stato infatti ammonito dal Consiglio Superiore ritenendolo colpevole di non aver rispettato la "tabellazione". Schiavon avrebbe presieduto 5 udienze civili quando non avrebbe dovuto farlo. Tecnicamente i giudici "vengono tabellati" e chiamati a celebrare determinati processi. Un giudice civile per le separazioni non può così occuparsi di fallimenti, nemmeno se ci sono colleghi in ferie, ammalati o impediti. Ebbene il giudice Schiavon, non potendolo fare, avrebbe partecipato alla decisione su alcuni concordati fallimentari (tra i quali quello della Diadora) che altrimenti, in barba agli interessi di centinaia di lavoratori, aziende, creditori e banche, sarebbero stati aggiornati con pregiudizio per l’esito positivo della procedura. Una volta emessa la sentenza Schiavon aveva incassato la solidarietà dei colleghi che si erano detti indignati e sconcertati. Il più arrabbiato di tutti era stato lo stesso Schiavon: “La sentenza era scritta da tempo. È stato un regolamento di conti frutto di errori giuridici e di bizantinismi burocratici. In più è giuridicamente sbagliata e la impugnerò”.