I consulenti: "Così si spingono le imprese ad andare all'estero"
AZIENDE TREVIGIANE IN ALLARME PER LE MULTE SUGLI ORARI DI LAVORO
Nuove norme: sanzioni fino a 50mila euro per chi sfora i limiti
TREVISO - Multe salate rischiano di abbattersi anche su molte aziende della Marca. E' la conseguenza di una nuova normativa, contenuta nel cosiddetto decreto “Destinazione Italia” entrato in vigore lo scorso 24 dicembre. La norma, in particolare, prevede un incremento delle sanzioni a carico delle imprese per il mancato rispetto degli orari di lavoro. Secondo i calcoli dell'Associazione consulenti del lavoro di Treviso, un'azienda che supera anche di poco, e per un solo lavoratore, le 48 ore di lavoro settimanale previste, può ricevere da mille a 7.500 euro di multa. Ma l'ammenda può rapidamente salire ed arrivare fino a 50mila euro, qualora siano coinvolti più di dieci dipendenti. Le disposizioni hanno suscitato forti critiche da parte dei consulenti del lavoro: “Ritengo che il decreto sia oggettivamente sproporzionato rispetto, ad esempio, ai controlli sul lavoro sommerso, dove è previsto l’innalzamento della sanzione del 30%”, attacca Cesare Artico, presidente provinciale della categoria. Questo è uno stato killer, che invece di sostenere le piccole medie imprese e porre le condizioni per un rilancio produttivo e lavorativo nel 2014, pensa a sanzionare a pioggia senza valutare ogni singola realtà.”
Ma il consulenti trevigiani sollevano perplessità anche sull'assunzione di 250 nuovi ispettori, proprio per vigilare su questi aspetti e destinati quasi esclusivamente al Centro Nord: “come se qui si trovasse la prevalenza di comportamenti irregolari”, nota Artico. Secondo il leder dell'associazione di professionisti il provvedimento rischia di avere effetti deleteri: “Decuplicare le sanzioni per irregolarità, anche minime, nell’orario di lavoro, significa comunque mettere in ginocchio un intero comparto, pensiamo all’artigianato – ribadisce Artico - In questa maniera – conclude il Presidente Artico - il Governo spinge gli imprenditori a delocalizzare la produzione dove le condizioni sono meno restrittive”.