Per nove imputati ipotizzato anche il reato di associazione a delinquere
SLITTA IL PROCESSO PER LA TRUFFA DELLA GHISA: SOTTO ACCUSA IN 12
Si aggiudicavano i subappalti di trasporto e facevano sparire i carichi
VENEZIA – (gp) Associazione per delinquere finalizzata alle truffa e all'appropriazione indebita a danno di imprese di logistica e spedizionieri ma anche ricettazione di autoveicoli. Questa la pesante accusa contestata a nove dei dodici imputati finiti di fronte al Tribunale di Venezia per una maxi inchiesta che raccoglie come parti offese ben sedici ditte sparse in tutto il nord Italia. Sollevando un'eccezione riguardo l'incompatibilità di uno dei giudici del collegio (in quanto si era già pronunciato in sede di riesame), l'avvocato trevigiano Andrea Zambon ha ottenuto di far slittare l'inizio del procedimento penale a luglio. Tra i nove imputati anche due trevigiani: un 46enne di Villorba e 62enne di San Biagio di Callalta. Gli altri tre imputati, a cui non è contestato il reato associativo, sono chiamati a rispondere della sola accusa di ricettazione (le loro posizioni risulterebbero più marginali in quanto avrebbero ricevuto materiali di provenienza illecita in quanto proventi di appropriazione indebita commessa, secondo l'accusa, dagli altri imputati). Stando a quanto sostenuto dagli inquirenti, i nove imputati principali, tra il 2011 e il 2012, si sarebbero serviti di tre ditte (una di Eraclea e due di Camponogara) per appropriarsi di carichi di ghisa, tondi in ferro, elettrodomestici, carpenteria metallica, lamiere e barriere stradali che non venivano recapitati alle aziende di destinazione. Come detto sarebbero sedici le aziende colpite: tra quelle sparse in giro per l'Italia (da Bologna a Trezzo sull'Adda, da San Pietro al Natisone a Ravena) ci sono anche aziende trevigiane con sede operativa a Vallà di Riese Poi X, Susegana e Vazzola. Il business illegale smantellato dai carabinieri si basava su società create ad arte per aggiudicarsi il trasporto in subappalto di carichi di ghisa e altri metalli, che finivano da ricettatori compiacenti invece che nelle fonderie dove gli spedizionieri inviavano i prodotti.