La Cassazione rende definitiva la sentenza della Corte d'Appello: 4 mila euro di multa
ISTIGAZIONE ALL'ODIO RAZZIALE: CONDANNATO GIANCARLO GENTILINI
Le frasi incriminate pronunciate alla festa dei popoli padani del 2008
ROMA – (gp) E' passata in giudicato la condanna a quattromila euro di multa e al divieto a partecipare a comizi politici per tre anni, con sospensione condizionale della pena, nei confronti dell'ex sindaco leghista di Treviso Giancarlo Gentilini per aver incitato all'odio razziale. La Corte di Cassazione ha infatti reso definitiva la sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello di Venezia il 22 aprile 2013. I fatti incriminati riguardavano le frasi contro gli extracomunitari pronunciate dallo Sceriffo durante un comizio svoltosi a Venezia il 14 settembre 2008 in occasione della festa dei popoli padani, avrebbe detto (citiamo testualmente dagli atti processuali) di voler “eliminare i campi nomadi, eliminare dalle strade quei bambini che vanno a rubare in casa degli anziani” e di volere “una rivoluzione contro chi vuole aprire moschee e tempi islamici” sostenendo inoltre di essere pronto “ad aprire una fabbrica di tappeti per regalarli agli islamici perché vadano a pregare nel deserto e non a casa nostra”. La magistratura veneziana, dopo essere venuta a conoscenza della notizia di reato, aveva autonomamente avviato accertamenti sul caso affidando alla Digos lagunare di verificare quanto realmente dichiarato da Gentilini sul palco della festa dei popoli padani. Secondo la Superma Corte "va ribadito che in tema di discriminazione razziale ed etnica, le condotte consistenti nel propagandare e/o istigare atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (come nella fattispecie) configurano ipotesi di reato a dolo generico, costituito dalla consapevolezza, come nella specie, del contenuto discriminatorio delle idee propagandate e poste a base della conseguente istigazione". Senza successo l'ex sindaco aveva provato a difendersi sostenendo che il pm aveva fatto "un assemblaggio arbitrario" del suo discorso complessivo. La Cassazione gli ha replicato che "le frasi riportate nel capo di imputazione costituiscono enunciati, non avulsi dal contesto globale del discorso, ma indicanti affermazioni specifiche e puntuali dell'idea fondamentale, di contenuto discriminatorio e razziale, posta a base, in modo esplicito e implicito, dell'intero discorso".