Il 35enne avrebbe modificato schede delle slot e creato software per il gioco online
PROCESSO AI CASALESI: IMPUTATO UN INFORMATICO TREVIGIANO
E' accusato di concorso esterno in associazione mafiosa
TREVISO – (gp) C'è anche un informatico trevigiano di 35 anni tra gli oltre 100 imputati nel maxi processo di Napoli legato al settore del gioco d'azzardo digitale gestito dal clan dei Casalesi. Il giovane esperto di software, difeso dall'avvocato Francesco Leone, è chiamato a rispondere di concorso esterno in associazione mafiosa, truffa ai danni dello Stato e frode informatica. Accuse pesantissime che, in caso di condanna per tutti i capi d'imputazione, potrebbero costare all'informatico trevigiano una pena superiore ai 10 anni di carcere. Il procedimento penale si è aperto di fronte ai giudici del Tribunale di Napoli e al momento sono state analizzate soltanto le questioni preliminari dell'accusa e delle difese. All'informatico viene contestato di essere entrato in contatto con il clan dei Casalesi e con altri esponenti della Camorra di Casal di Principe proprio grazie alle sue abilità a livello multimediale. Stando alle accuse avrebbe modificato alcune schede informatiche e creato software in grado di schermare dei giochi d'azzardo online (soprattutto legati al poker) in modo da nascondere ai Monopoli di Stato il reale flusso di denaro che veniva speso in scommesse e slot machine. Al processo, tra gli altri, si sono costituiti parte civile anche il Monopolio di stato e il Ministero delle Finanze. Come detto, secondo il pm Antonello Ardituro della Procura antimafia di Napoli (che ha incardinato il procedimento penale dall'inchiesta partita nel gennaio 2013 a Bologna), il clan dei Casalesi avrebbe messo in piedi un'organizzazione capillare (estesa in tutta Italia) capace di controllare il settore del gioco d'azzardo, e il trevigiano sarebbe soltanto una pedina del puzzle, forse addirittura inconsapevole di “lavorare” per la Camorra. L'inchiesta ha avuto il suo apice nel luglio dello scorso anno quanto vennero eseguite 57 ordinanze di custodia cautelare in carcere al termine dell'operazione denominata “Rischiatutto”, che portò anche al sequestro di 450 milioni di euro. Tra gli esponenti di spicco coinvolti troviamo anche Nicola Schiavone, il figlio di "Sandokan" padrone di Gomorra, Renato Grasso e i suoi fratelli, impresari diventati milionari con il gioco legale e appoggiati dal gotha dei Casalesi. Si tratterebbe insomma di un vastissimo giro di riciclaggio di denaro sporco in sale bingo situate a Nord e a Sud della penisola, ma anche attraverso slot machine e gioco online su portali web registrati all'estero, soprattutto in Romania, dove Schiavone ha diversi interessi economici, e a Malta, l'isola diventata il paradiso per chi vuole investire nel settore delle scommesse e del poker.