Nuova contestazione della Procura di Treviso a carico del patron del gruppo di Silea
SCANDALO NES: LUIGI COMPIANO ACCUSATO ANCHE DI BANCAROTTA
All'esame della Guardia di Finanza ci sono altre tre società del gruppo
TREVISO - (gp) I guai per Luigi Compiano si fanno davvero seri. Dopo quasi un anno di indagini serrate, la Procura di Treviso ha contestato al patron della North East Services e del Gruppo di famiglia anche l'accusa di bancarotta fraudolenta. Uno sviluppo atteso, quasi scontato, che a livello penale potrebbe però costare carissimo: Luigi Compiano, al quale viene contestato anche il reato di appropriazione indebita aggravata, in caso di condanna rischia infatti una pena superiore ai dieci anni di reclusione. Gli indizi di colpevolezza in mano agli inquirenti sembrano più che solidi: stando a quanto sostenuto dalla Procura di Treviso, Luigi Compiano si sarebbe reso responsabile di una bancarotta accertata da decine di milioni di euro. E il “buco” potrebbe addirittura salire ancora, visto che all'appello mancano ancora altre tre società riconducibili al patron della Nes, su cui stanno effettuando i dovuti accertamenti gli uomini delle Fiamme Gialle.
Il passo in avanti degli inquirenti, che in questi mesi hanno analizzato centinaia e centinaia di documenti, si potrebbe pure tradurre a breve nella notifica dell'avviso di chiusura delle indagini sia per Luigi Compiano che per gli altri due indagati nell'inchiesta. Si tratta Massimo Schiavon, il suo braccio destro nonché responsabile della sala conta del caveau via Belvedere a Silea, e di Gianluca Campagnaro, colui che secondo gli inquirenti avrebbe materialmente consegnato il denaro a Schiavon che a sua volta lo consegnava nelle mani di Luigi Compiano. Al momento l'ipotesi di reato nei loro confronti rimane quella di appropriazione indebita aggravata ma la Procura sta valutando la loro posizione anche in merito alla bancarotta, che potrebbe venir loro contestata in concorso con Compiano. Di certo c'è che, secondo l'accusa, pur “obbedendo a degli ordini” (come ha sostenuto Schiavon in sede di interrogatorio), avrebbero comunque contribuito a creare il buco da 104 milioni di euro nelle casse della società di Silea tra i 40 contestati come appropriazione indebita aggravata a carico degli indagati, i 29 di Iva non versata al fisco a cui se ne aggiungono 13 di sanzioni e i 22 con i fornitori. Entrambi però come hanno sottolineato i loro legali, non avrebbero mai avuto potere discrezionale nelle decisioni e sarebbero invece dovuto sottostare al potere gerarchico di Compiano. Avrebbero in pratica fatto soltanto i “fattorini” di buste piene di denaro che dal caveau sarebbero andate dritte in direzione. Prelievi “fatti alla luce del sole e tutti rendicontati”, hanno sottolineato i legali.