Indagini chiuse: bancarotta da 36 milioni di euro e guai col fisco per altri 12,5
SCANDALO NES: LA PROCURA PRESENTA IL CONTO A COMPIANO
Sotto accusa anche i quattro componenti del cda della società di Silea
Per aver aggravato il dissesto della Nes Spa sono invece sotto accusa Filippo Silvestri, Angelo Monti, Paolo Ricciardi e Fabrizio Ricoldi: secondo la Procura non avrebbero fatto nulla per pretendere il pagamento di circa 8 milioni di euro di crediti vantati dalla società e, conoscendo il default della ditta di Silea, non ne avrebbero chiesto il fallimento. Accuse che, nella peggiore delle ipotesi, potrebbero tradursi al massimo in una condanna di poco superiore ai due anni di reclusione. Più probabile che i quattro, tutti difesi dall'avvocato Roberto Nordio, se la caveranno in caso di condanna con una pena inferiore coperta dalla sospensione condizionale.
A rischiare grosso (fino a dieci anni di carcere) è Luigi Compiano. Le indagini a suo carico continuano per quanto riguarda le altre società del gruppo (La sicurezza, Assitel, Autocom e Istituto di Vigilanza Compiano) ma già solo quelle relative alla Nes prevedono pene elevate se venisse comprovata la sua colpevolezza. Su questo punto la Procura e la Guardia di Finanza hanno lavorato proprio per rendere l'impianto accusatorio a “prova di bomba”: oltre un anno di accertamenti che hanno portato a spulciare ogni singolo documento della Nes e a ricostruire “prelievi sospetti” risalenti a 18 anni fa. Difficile insomma, secondo gli inquirenti, poter pensare di riuscire a smontare l'accusa.
SCHIAVON E CAMPAGNARO NON C'ENTRANO: PER ENTRAMBI E' STATA CHIESTA L'ARCHIVIAZIONE
Con la chiusura delle indagini a carico di Luigi Compiano e dei quattro membri del cda della North East Services, il pm Massimo De Bortoli ha anche inviato al gip la richiesta di archiviazione per i due coindagati del patron della Nes per l'iniziale contestazione di appropriazione indebita aggravata in merito al buco di 40 milioni di euro nel caveau di via Belvedere a Silea. Come sostenuto dai diretti interessati in sede di interrogatorio, la Procura ha stabilito che Massimo Schiavon, il braccio destro di compiano nonché responsabile della sala conta del caveau, e Gianluca Campagnaro, colui che secondo gli inquirenti avrebbe materialmente consegnato il denaro a Schiavon che a sua volta lo consegnava nelle mani del patron della Nes, non hanno alcuna responsabilità essendo solo dipendenti della società che hanno eseguito degli ordini.
Una conclusione, in estrema sintesi, che ricalca quanto sostenuto dai diretti interessati di fronte al magistrato. Ora spetterà al gip decidere se archiviare o meno la loro posizione. Di certo c'è che gli inquirenti hanno sposato, dopo aver eseguito i dovuti e necessari accertamenti e aver trovato i relativi riscontri, le linee difensive dei due indagati. A svelare il meccanismo con cui veniva sistematicamente svuotato il caveau di Silea era stato proprio Massimo Schiavon: dalla direzione partiva la richiesta di prelievo, Massimo Schiavon eseguiva l'ordine dato dal superiore e andava nel caveau, contabilizzava in uscita l'avvenuta transazione interna, metteva i soldi in una busta e li consegnava a Luigi Compiano il quale, come ricevuta di consegna, firmava un assegno che veniva riportato nel caveau e fungeva da ricognizione di debito.
I legali dell'uomo, gli avvocati Massimo Jacobi e Antonio Guarnieri, al termine dell'interrogatorio tennero a puntualizzare alcuni aspetti. In primo luogo che Massimo Schiavon è sempre stato un lavoratore subordinato della Nes con la qualifica di quadro, e non un dirigente, e di conseguenza non avrebbe avuto potere discrezionale nelle decisioni e sarebbe invece dovuto sottostare al potere gerarchico di Compiano. La seconda questione riguardava i prelievi interni: stando ai legali, Schiavon avrebbe soltanto eseguito gli ordini, facendo in pratica il “fattorino” di buste piene di denaro (consegnatogli da Campagnaro) che dal caveau sarebbero andate dritte in direzione. Prelievi “fatti alla luce del sole e tutti rendicontati”, sottolinearono i legali, che ribadiscono come Schiavon non avrebbe mai preso un solo euro dalla Nes se non quelli dello stipendio. Una condotta, essendo un dipendente della società, che per gli avvocati Iacobi e Guarnieri sarebbe penalmente non sanzionabile. Dello stesso avviso ora è anche la Procura di Treviso.