I risultati diranno se la famiglia Garbin dovrà rispondere di tentato omicidio o di lesioni
CINESE FERITO A COLPI DI MANNAIA: PERIZIA SUI DANNI FISICI SUBITI
In tre in aula: l'agguato il 23 dicembre scorso in un bar di Montebelluna
MONTEBELLUNA – (gp) Sarà una perizia sulle ferite della vittima, disposta dal giudice Angelo Mascolo, a stabilire se la famiglia Garbin (Adriano, il capofamiglia di 52 anni, e i figli Massimo, 30 anni, e Manolo, 18 anni) dovrà rispondere del reato di tentato omicidio o se debba essere derubricato in quello più lieve di lesioni gravi. In questo senso si era già espresso il tribunale del Riesame di Venezia il quale, su istanza dell'avvocato Fabio Crea e del collega Francesco Murgia (che codifende Adriano Garbin), aveva già riqualificato il fatto facendo cadere l'ipotesi accusatoria di tentato omicidio. Motivo per cui, chiuse le indagini e fissata l'udienza preliminare, il gip aveva accolto le richiesta delle difese revocando la misura di custodia cautelare in carcere.
Approdati a processo da uomini liberi, i tre sono accusati di aver assaltato a colpi di spranghe di legno e con una mannaia il bar gestito da dei cittadini cinesi che si trova poco distante dalla stazione ferroviaria di Montebelluna. Nel raid venne ferito gravemente un 47enne, sfregiato da un fendente che gli aveva quasi staccato la mandibola, e più lievemente altri due connazionali di 40 e 28 anni.
I quattro responsabili dell'episodio (oltre a loro c'era infatti anche un ragazzo di 16 anni la cui posizione viene trattata Tribunale dei Minori di Venezia) facevano tutti parte di una famiglia di giostrai: per tutti le accuse sono, oltre al tentato omicidio in concorso, anche quelle di porto d'armi, danneggiamento aggravato e lesioni personali aggravate. I carabinieri di Montebelluna li avevano arrestati poco dopo i fatti (era il 23 dicembre dello scorso anno) rintracciandoli nel campo nomadi di via Brenta a Trevignano, a pochi km di distanza dal bar. I tre giovani erano stati subito fermati mentre il padre aveva tentato di nascondersi all'interno di una roulotte in disuso. Le telecamere di videosorveglianza, oltre ad aver permesso ai militari di identificarli subito, avevano anche ripreso tutte le fasi dell'agguato. Si tornerà in aula per la discussione e la sentenza a metà marzo.