La Corte d'Appello di Venezia aumenta la condanna a sei anni del primo grado
ABUSI SULLA FIGLIA E BOTTE ALLA MOGLIE: SEI ANNI E DIECI MESI
Sotto accusa per violenza sessuale un imprenditore edile di 50 anni
VENEZIA – (gp) Sei anni e dieci mesi di reclusione e 15 mila euro di provvisionale da versare alle parti civili. Questa la sentenza di condanna pronunciata dai giudici della Corte d'Appello di Venezia nei confronti di un imprenditore edile 50enne, di origine serba ma da anni residente e operante nel trevigiano, finito alla sbarra per rispondere dei reati di violenza sessuale sulla figlia minorenne dell'ex moglie, maltrattamenti in famiglia e detenzione illegale di armi.
Il procuratore generale Bruno Bruni, che aveva impugnato la sentenza di primo grado (condanna a sei anni) così come la difesa, rappresentata dagli avvocati Andrea Zambon e Renato Alberini, aveva chiesto una pena finale di dieci anni di carcere. I giudici, accogliendo in parte le richieste dell'accusa, non hanno riconosciuto all'imputato le attenuanti generiche (riconosciute in primo grado) aumentando di dieci mesi la condanna inflitta dal tribunale di Venezia.
L'uomo si era sempre dichiarato estraneo ai fatti tanto da rifiutare qualsiasi rito alternativo per dimostrare la propria innocenza a processo. Secondo l'accusa gli episodi di violenza si sarebbero consumati nel tempo, tra il 2005 e il 2011, sia a Treviso che a Favaro Veneto, dove negli ultimi anni si era trasferita la famiglia. Già finito sotto inchiesta per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, accusa poi caduta in prescrizione, l'imprenditore avrebbe maltrattato mamma e figlia per anni per costringerle a sottostare alle sue volontà. Anche attraverso minacce non solo verbali: in fase d'indagine infatti gli inquirenti sequestrarono una pistola semiautomatica Browning calibro 6,35, detenuta illegalmente, con tanto di caricatore e 5 cartucce.
Ma l'accusa che più pesava sul 50enne era quella relativa agli abusi sulla figlia minorenne. Stando alle contestazioni della Procura di Venezia l'uomo, tra il 2008 e il 2010, l'avrebbe obbligata più volte a spogliarlo e masturbarlo, fino ad arrivare a costringerla a un rapporto orale. Abusi consumati sotto la minaccia di morte o di ritorsioni più pesanti sempre a livello sessuale se si fosse rifiutata. Mamma e figlia, dopo anni di soprusi, a metà del 2011 avevano deciso di dare un taglio a quel rapporto denunciando tutto alle autorità e dando via alle indagini.