Sotto accusa un 53enne: per un anno e mezzo avrebbe tormentato una 47enne
PERSEGUITA LA EX E LA SEGUE FINO IN GRECIA: IN AULA PER STALKING
La donna, che si è costituita parte civile, ora gli chiede i danni
TREVISO – (gp) Per quattro anni, dal 2009 al 2013, hanno avuto una bella storia d'amore che però è naufragata. Almeno secondo lei, una 47enne trevigiana, che ha deciso di troncare quel rapporto che le stava ormai stretto. Ma lui, un 53enne, non avrebbe mai accettato la fine di quella relazione continuando a tempestare di messaggi l'ex fiamma e arrivando anche a seguirla fino in Grecia dove la donna era andata a trovare un parente. Ora l'uomo si trova sotto accusa per stalking, con l'aggravante di aver commesso i fatti contestati violando un ammonimento della questura di Treviso che gli vietava di continuare a importunare la presunta vittima. Ammonimento che nel marzo scorso si tradusse anche in un divieto di avvicinamento alla donna, che a conti fatti è stato poi rispettato. Ma gli episodi di molestia denunciati dalla 47enne si sarebbero protratti per quasi un anno e mezzo: appostamenti sotto casa, sms su Whatsapp, telefonate a tutte le ore del giorno e improvvisate nei luoghi da lei frequentati (dalla palestra al posto di lavoro passando per le serate nei locali in cui si recava). Per “staccare la spina” e ritrovare un po' di serenità, la donna decise di recarsi in Grecia in vacanza. Anche lì, secondo l'accusa, si sarebbe ritrovata di fronte il suo ex. Fu la goccia per denunciare tutto alle autorità e spedire l'uomo di fronte al giudice.
LA CASSAZIONE: "ANCHE UNO SGUARDO PUO' ESSERE PUNITO"
La vita degli stalker sarà ancora più dura. Anche un semplice sguardo rivolto alla vittima può infatti bastare per far scattare un provvedimento del tribunale o delle limitazioni nel comportamento del “persecutore”. Lo ha stabilito una sentenza della Quinta sezione penale della Corte di Cassazione che in parte accolto un ricorso presentato da un 59enne trevigiano indagato per atti persecutori, lesioni e violazione di domicilio nei confronti di una donna. Gli “ermellini” hanno sottolineato che allo stalker può essere impedito anche di rivolgere un solo sguardo alla vittima se “assume la funzione di esprimere sentimenti e stati d'animo”. Una conclusione a cui la Suprema Corte è giunta esaminando proprio il caso del 59enne trevigiano: i giudici hanno infatti disposto un nuovo esame della vicenda perchè il divieto che è stato imposto all'indagato, e per cui è stato presentato ricorso, è risultato essere troppo generico. In altre parole le motivazioni della limitazione imposta al 59enne (divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima e divieto di dimora in due comuni trevigiani disposto dal Tribunale della libertà di Venezia nell'agosto 2014) dovevano essere più specifiche. Da questo punto la Cassazione è partita per delineare i metodi da adottare nei casi di stalking, ricordando che “è compito del giudice di merito stabilire, in base alle concrete connotazioni assunte dalla condotta invasiva dell'agente, se questi debba tenersi lontano dai
luoghi determinati - in questo caso da indicare specificamente - ovvero se debba tenersi lontano, puramente e semplicemente, dalla persona offesa; e se la prescrizione debba essere accompagnata dal divieto di comunicare, anche con mezzi tecnici, con quest'ultima”.