VIDEO Vertice in Prefettura, Manildo chiede nuovamente un incontro a tutti i sindaci
TROVANO ALLOGGIO I 39 PROFUGHI ABBANDONATI IN PULLMAN
Distribuiti in strutture di Caritas, Unindustria e alla coop. Alternativa
Sarebbero dovuti giungere oggi nella Marca altri 58 stranieri ma questo nuovo contingente sarebbe stato dirottato verso un'altra provincia. Sulla gestione del caso profughi il Prefetto non ha voluto rilasciare nessun commento mentre il sindaco Giovanni Manildo ha rilanciato la proposta di convocare un incontro con tutti gli altri sindaci della provincia che si terrà il 24 febbraio prossimo. Durante l'incontro sono state esplorate anche altre soluzioni che potrebbero essere trovate in vista dell'arrivo di nuovi profughi nel nostro territorio: dai capannoni dismessi, alle tendopoli, passando per le stazioni ferroviarie e le caserme.
ZAIA: "FERMARE LE PARTENZE DEI BARCONI SIN DALLA LIBIA"
Il governatore: "In questo caos istituzionalizzato c’è da avere paura"
“Mentre l’autorevole Daily Telegraph svela l’esistenza di documenti segreti jihadisti secondo i quali l’Isis ha una precisa strategia di utilizzo dei barconi di immigrati per portare un attacco e creare il caos nel sud Europa, e l’Ambasciatore egiziano a Londra parla apertamente di ‘rischio barconi terroristi in Italia’ da noi cosa si fa? Si spediscono a casaccio sui territori le migliaia di nuovi arrivi, tanto a casaccio che un Prefetto sincero fa sapere che i 39 immigrati giunti a Treviso nonostante il no del Sindaco sono stati rifocillati, visitati, portati alla stazione e ‘invitati a disperdersi’. Come a dire, andate dove vi pare, a fare quel che vi pare. In questo caos istituzionalizzato c’è da avere paura: per i profughi veri, dei quali non si rispetta certo la dignità, e per i rischi di infiltrazioni malavitose e terroristiche che nessuno può escludere. C’è una sola cosa da fare e subito: fermare le partenze sin dalla costa della Libia e sospendere Schengen, perché ingressi indesiderati e pericolosi possono avvenire anche da altre frontiere”. Lo dice il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia, alla luce della situazione internazionale sempre più delicata sul fronte delle migrazioni dal Nordafrica, e delle vicende “incredibili” che stanno interessando anche il Veneto. Secondo Zaia “non è più il momento di chiacchiere buoniste, sulle quali in teoria si può essere tutti d’accordo. E’ invece ora che si affrontino le cose con realismo, prendendo atto che il rischio di infiltrazioni terroristiche o malavitose non è più un’ipotesi ma una certezza. Al momento non c’è alcuna evidenza, ci tranquillizzano gli 007, ma quando sarà evidente potrebbe essere troppo tardi. E poi c’è il problema dei territori, che non sono più in grado di reggere l’urto, come dimostrano i ‘no’ che si moltiplicano dai Sindaci di ogni colore politico e in ogni parte d’Italia”. “Sarebbe anche ora – aggiunge il Governatore – che si smettesse di mettere sul banco degli imputati una regione come il Veneto, che già ospita in perfetta armonia più di 500 mila immigrati, dei quali almeno 40 mila anch’essi travolti dalla crisi e dalla disoccupazione. Non è vero ciò che si continua a dire e scrivere, e cioè che il Veneto avrebbe firmato a luglio il Patto per l’accoglienza. In quella sede, anche proprio alla luce della nostra situazione, il Veneto non firmò e diede un chiaro e forte no motivato. E finiamola anche con la balla che il Veneto si sarebbe fatto carico solo di poco più di duemila migranti: la verità, scritta su una tabella della Prefettura di Venezia è che, oltre a quelli già ospitati, qui ne sono arrivati, e poi spariti chissà dove come fantasmi, almeno altri seimila”.
CARITAS: "NON SI PUO' VOLGERE LO SGUARDO ALTROVE"
Accolte finora 444 persone di cui 95 sono ancora ospiti nei centri
"La situazione di estrema emergenza che si sta verificando nel nostro paese, a causa del numero crescente di persone che fuggono verso le nostre coste da paesi sconvolti da guerre e da un terrorismo disumano, ci interpella tutti. Noi crediamo che non si possa semplicemente volgere lo sguardo altrove e neppure eludere il problema con facili giustificazioni.
Anche la nostra diocesi si è doverosamente lasciata coinvolgere, secondo le sue possibilità, cercando di rispondere alle richieste presentate dalle autorità preposte alla collocazione dei profughi, così come hanno fatto altre organizzazioni sociali. La Caritas diocesana, pertanto, si è attivata da subito per individuare spazi per l’accoglienza, spesso rispondendo ad appelli che ne chiedevano l’intervento nel giro di poche ore.
La comunità ecclesiale dispone di un numero limitato di strutture attrezzate per un’accoglienza dignitosa provvista di alcuni servizi minimali, come per esempio i servizi igienici; è necessario poter contare, inoltre, su personale preparato a gestire la presenza e la vita quotidiana dei profughi (che, purtroppo, non è possibile impiegare in alcuna attività lavorativa).
Sappiamo che il dibattito sull’accoglienza ai profughi vede posizioni diverse. A questo proposito spiace che, recentemente, un’espressione del Direttore della Caritas diocesana, estrapolata da un preciso contesto, riferito approssimativamente sui mezzi di comunicazione, abbia suscitato forti clamori e reazioni. Sarebbe auspicabile, e probabilmente anche proficuo, un confronto pacato e riflessivo tra quanti sono direttamente chiamati in causa da tale grave emergenza. Forse l’amarezza e una certa tensione del Direttore della Caritas, assai dispiaciuto per la maniera in cui sono state spesso gestite problematiche tanto delicate, si spiega con il fatto che egli viene ogni giorno a contatto con le vicende terribilmente drammatiche dei profughi e con le loro storie personali cariche di sofferenza. Molti, in effetti, parlano dei profughi, ma pochi parlano con loro.
Come Caritas, e dunque come chiesa diocesana, vorremmo impegnarci ulteriormente, e cercare ancora possibilità di accoglienza. Abbiamo accolto finora (dall’inverno 2014) 444 persone, 95 delle quali ancora presenti nelle strutture reperite da Caritas tarvisina. Dobbiamo riconoscere, tuttavia, con amarezza, che le nostre risorse sono limitate, comprese le risorse economiche, da subito impiegate, molto prima che fossero promulgati i bandi di gara e le convenzioni per l’accoglienza. Ad ogni nuovo arrivo di profughi abbiamo risposto all’appello. Ora temiamo di non riuscire proprio più a dare risposte.
Ci uniamo, nel nostro piccolo, alla richiesta della Caritas italiana, di Amnesty International Italia, di Emergency, di Save the Children e di altri organismi, rivolta all’Italia e all’Unione Europea, di «avviare politiche che garantiscano la protezione e la tutela dei diritti umani di rifugiati, migranti e richiedenti asilo che attraversano il Mediterraneo», come pure di attuare «un impegno diverso e condiviso in tutta Europa, che preveda il dispiegamento congiunto di mezzi e risorse, con approcci e strumenti realmente utili a salvare vite umane e non solo a pattugliare le nostre coste, oltre a politiche di immigrazione e asilo che diano priorità alla dignità delle persone»".