L'inchiesta, che sembrava finita nel nulla, continua con un incidente probatorio
SECESSIONISTI VENETI: DISPOSTA UNA PERIZIA TECNICA SUL "TANKO"
Tra i 24 indagati anche i trevigiani Franco Rocchetta e Maria Marini
ROVIGO – (gp) All'inizio sembrava l'inchiesta che doveva sterminare una cellula terroristica di “secessionisti veneti”. Poi, col passare delle settimane, si era drasticamente ridimensionata dopo che l'accusa di associazione con finalità di terrorismo ed eversione dell'ordine democratico era caduta per mancanza di gravi indizi di colpevolezza.
E ora, a distanza di oltre un anno dai fatti, quando pareva che il fascicolo aperto dalla Procura di Brescia dovesse finire in un nulla di fatto, il gip di Rovigo ha fissato per il 10 luglio un incidente probatorio per stabilire se il Tanko sequestrato in un capannone di Casale di Scodosia fosse o meno pericoloso. Cioè se fosse in grado di sparare e provocare danni o soltanto un trattore modificato con delle lamiere senza alcuna potenza di fuoco.
Al centro della vicenda c'è l'inchiesta sul gruppo "Alleanza" condotta dal Ros di Brescia che il 2 aprile dello scorso anno aveva portato 22 persone in carcere e 2 agli arresti domiciliari. Tra questi c'erano anche i due trevigiani Franco Rocchetta e Maria Marini. Il primo, ex deputato 68enne di Colle Umberto e fondatore della Liga Veneta, aveva passato sedici giorni rinchiuso nel carcere di Treviso. La seconda, casalinga 58enne di Volpago del Montello, aveva invece lasciato il carcere della Giudecca il 23 aprile, dopo tre settimane di detenzione.
Per loro, come per gli altri indagati nella vicenda, l'accusa rimasta in piedi riguarda la fabbricazione del famoso “Tanko”, ovvero a vario titolo quella di fabbricazione e detenzione di armi da guerra. Per la Procura Franco Rocchetta sarebbe l'ideologo del progetto indipendentista che avrebbe dovuto portare a un'azione dimostrativa eclatante in piazza San Marco a Venezia simile a quella del 1997 quando venne occupato il campanile di San Marco. A Maria Marini invece gli inquirenti contestavano di essere stata “reclutata” da Patrizia Badii (leader del movimento dei Forconi) e di aver messo a disposizione dei vertici di “Alleanza” la cucina di casa come base logistica per il reclutamento dei militanti e il reperimento dei fondi necessari alla causa venetista.