Interrogato l'assistente capo della Questura di Treviso finito in carcere
PERMESSI DI SOGGIORNO FACILI, TORRESAN: "DIRÃ’ TUTTO AL PM"
Difeso dall'avv. Murgia, non ha risposto al gip ma respinge le accuse
TREVISO – (gp) “Non mi ritengo responsabile delle condotte che mi vengono contestate. Spiegherò tutto al pm titolare delle indagini per respingere ogni accusa mossa contro di me”. Sono le uniche parole pronunciate da Ivano Torresan, il poliziotto dell'ufficio immigrazione della Questura di Treviso finito in carcere per l'ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata all'immigrazione clandestina, corruzione e falso.
Il 52enne, difeso dall'avvocato Francesco Murgia, è comparso di fronte al gip di Verona Guido Taramelli per l'interrogatorio di garanzia avvalendosi della facoltà di non rispondere. Il suo legale non ha presentato richiesta di modifica della misura cautelare, riservandosi di presentare ricorso al tribunale del Riesame una volta studiate meglio le 190 pagine di ordinanza firmate dal gip di Venezia Alberto Scaramuzza.
Torresan è accusato di aver rilasciato permessi di soggiorno a tempo indeterminato a decine di cittadini cinesi: bastava che questi pagassero una somma di circa 3mila euro e l'organizzazione sbrigava e agevolava le pratiche. Questa almeno la ricostruzione della Procura distrettuale Antimafia di Venezia che ha fatto arrestare anche due cinesi residenti ad Altivole, di 38 e 39 anni (Rongqing Chen e Lunbo Deng) che avrebbero procuravato i "clienti", e un finto commercialista di Reggio Emilia, Camillo Aceto, 40enne titolare della "Data Cont", che avrebbe creato la documentazione falsa per istruite le pratiche (utile a creare posizioni lavorative e contributive fittizie).
L'inchiesta però pare solo all'inizio. Nel mirino degli inquirenti ci sono infatti altre posizioni, ancora da valutare, tra cui quella di un funzionario della Prefettura di Treviso in servizio allo Sportello Unico per l'Immigrazione. Nell'ordinanza di custodia cautelare a carico dei quattro arrestati, il gip Alberto Scaramuzza evidenzia infatti come le indagini abbiano portato a ipotizzare che il dipendente prefettizio sia “coinvolto in attività criminose connesse” a quelle del sodalizio anche se “non collegato organicamente allo stesso”. Profilo su cui sta indagando per competenza la Procura di Treviso.
Ma il dipendente della Prefettura non è l'unico ad aver avuto contatto nel corso delle indagini con gli arrestati. Nelle 190 pagine di ordinanza emergono informazioni legate a personale della Polizia Locale di Altivole e di Spresiano, ma anche contatti “sospetti” con funzionari dell'Inps. Elementi che verranno passati al setaccio dagli investigatori.