Rinviati a giudizio Alessandro e Charlie Georgevich
TENTATA ESTORSIONE A UN COMMERCIANTE: A PROCESSO
Padre e figlio avrebbero minacciato più volte un 36enne
TREVISO – (gp) Rinviati a giudizio per tentata estorsione a un commerciante trevigiano. Questa la decisione del gup Bruno Casciarri nei confronti di Alessandro e Charlie Georgevich, padre e figlio di 45 e 25 anni. I due avevano chiesto di essere giudicati con rito abbreviato condizionato alla testimonianza della vittima. Richiesta rigettata dal giudice, visto il parere contrario del pm, che ha così spedito padre e figlio a processo, che inizierà a giugno del prossimo anno.
I due, secondo le indagini condotte dalla squadra mobile di Treviso, avrebbero più volte minacciato e cercato di taglieggiare un commerciante di 36 anni, titolare di un negozio di informatica di via Sant'Angelo a Treviso. Proprio grazie alla sua testimonianza gli investigatori erano riusciti a identificare e a denunciare il 25enne e altre due donne, una coetanea e una 17enne, anche loro rom, come autori di un furto avvenuto nel dicembre scorso al supermercato Famila di via Sant'Antonino.
I malviventi, con il bancomat preso dal portafogli della derubata, avevano alcuni prelievi per un totale di alcune migliaia di euro, facendo inoltre un pieno di benzina in un distributore lungo il Terraglio e acquistando un pc proprio nel negozio del 36enne. Dopo alcuni mesi di indagini il 25enne e il padre, venuti a sapere del comportamento del negoziante, avrebbero cercato in più occasioni di intimidirlo, chiedendogli una somma di circa 2500 euro che sarebbe servita per pagare le spese legali in vista del processo che vedeva imputato il 25enne e le sue due complici.
I rom chiesero inoltre al 36enne di "fare affari e collaborare con loro" e di cambiare la sua versione in sede di giudizio. "Sappiamo dove abiti", "Sai che finisci male", "Guardati le spalle": queste solo alcune frasi intimidatorie pronunciate dai due che spesso si sarebbero nei pressi del negozio della vittima. Il negoziante, terrorizzato dalle continue minacce ma determinato a non cedere, era arrivato al punto di voler definitivamente chiudere la propria attività che i rom dicevano di voler screditare pubblicamente mettendo in giro la voce che era un loro collaboratore.