Tutti si sono avvalsi della facoltà di non rispondere al gip
BANCAROTTA DAL BEN TRE: GLI INDAGATI NON PARLANO
La Procura contesta un buco di oltre 11 milioni di euro
MONASTIER - Tutti hanno scelto la stessa linea: rimanere in silenzio di fronte al giudice e non avanzare richieste di modifica della misura cautelare degli arresti domiciliari, prendendo tempo per studiare le carte allo scopo di presentare ricorso al tribunale del Riesame per cercare di far annullare l'ordinanza, o quanto meno alleggerirla.
Di fronte al gip, per l'interrogatorio di garanzia difesi entrambi dall'avvocato Paolo Nieri, si sono presentati Pierluigi Dal Ben, l'ex titolare 74enne del megastore di abbigliamento di Monastier, e Cosima Gigantiello, 68enne di San Biagio di Callalta considerata dagli inquirenti “l'architetto contabile” del crac dell'azienda. Paolo Signifredi, imprenditore 51enne residente a Parma, sede della Neblad, è stato invece ascoltato nel carcere di Voghera, dove si trova detenuto per un'accusa di estorsione.
I tre sono accusati di bancarotta fraudolenta e documentale in relazione al crac da 11 milioni di euro della Neblad srl, ex Dal Ben Tre srl di Monastier, dichiarata fallita dal Tribunale di Treviso il 4 giugno dello scorso anno. Stando alla ricostruzione della Procura, Pierluigi Dal Ben e Cosima Gigantiello risulterebbero gli amministratori di fatto della società dichiarata fallita dal giudice Gianluigi Zulian, che ha nominato come curatore fallimentare il commercialista Massimo Roma, mentre Paolo Signifredi risulterebbe invece l'amministratore di diritto.
A inviare le carte agli inquirenti sarebbe stato proprio il curatore fallimentare, venuto a conoscenza della situazione debitoria milionaria della società nei confronti dei creditori. L'indagine, per le ipotesi di bancarotta fraudolenta e documentale, è ancora in corso e le misure restrittive, disposte dal gip su richiesta del pm, sarebbero state ritenute necessarie per evitare che gli indagati, oltre al pericolo di fuga, potessero inquinare le prove. Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti, spulciando i bilanci dell'azienda e analizzando l'inventario del magazzino il curatore fallimentare avrebbe fatto emergere una serie di irregolarità che, nei fatti, avrebbero danneggiato i creditori della società fallita.
Nella sostanza, anche se molti dettagli restano da chiarire, dall’esame dei documenti contabili sarebbe emerso che sarebbero stati utilizzati "beni" della Neblad per avviare una nuova società, che da circa due anni opera nella stessa sede della ditta fallita, vendendo la stessa tipologia di prodotto. Patrimonio che, invece, avrebbe dovuto essere messo a disposizione dei creditori della Neblad.