TREVISO - Nuovo appuntamento con il Golf e il nostro esperto Paolo Pilla. Questa settimana andreamo a conoscere un campo a noi particolarmente caro... e indirizzato alla valorizzazione turistica del territorio, Il Golf Club Jesolo, di recente inserimento nel contesto del Lido della località che in pochi anni ha avuto un così stupefacente sviluppo. La bella sabbia ambrata della spiaggia porta il litorale a essere conosciutissimo dagli stranieri, tra i più frequentati d’Italia. Quindici chilometri di arenile battuti da vacanzieri di tutte le nazioni, che per di più possono godere la vicinanza di Venezia città unica, e della vivace Treviso, “Marca Gioiosa et Amorosa”, città d’acque, di cultura, e di gastronomia. Dulcis in fundo, la darsena turistica che ospita velisti da ogni parte. Il calendario di manifestazioni sportive e culturali è sempre fitto, e abbraccia l’intero anno.
In quest’ambito, il Campo da Golf era il necessario coronamento: diciotto buche da campionato, Par 72 di 6.397 metri. A corollario, due buche executive, il campo pratica con diciotto postazioni, oltre a bunker, chipping, pitching, e puttingreen di allenamento. Peculiarità particolarmente piacevole, la struttura permette il gioco anche nella cattiva stagione. Il fondo di natura sabbiosa, infatti, consente di avere un incontro sempre gentile del ferro con il suolo, tale da rendere il percorso leggero e divertente. Nato come indispensabile complemento alle offerte di svago riservate dalla città ai turisti, assolve di fatto anche il compito di permettere il gioco ai tanti golfisti dei dintorni, che particolarmente in inverno trovano talvolta il loro Campo poco agibile. Interessante, e da studio, lo sviluppo di questo litorale che da “Cavazuccherina” è divenuto la Miami veneta. Jesolo, l’antica Equilium, (equus dal latino, e “ekvo“ (cavallo) dal venetico), era un “vicus” abitato dagli antichi Veneti, popolo coevo degli etruschi: un’isoletta nella laguna, i cui abitanti, oltre a rivolgersi alla pesca, si dedicavano all’allevamento dei cavalli, arte in cui erano maestri. Questa loro abilità, prima e durante il periodo romano, era nota alle altre popolazioni, per le quali i veneti erano di riferimento. Caduta Roma, invaso l’entroterra veneto dai barbari, gli abitanti del vicus contribuirono a proteggere le città costiere come Altino, e a far nascere Venezia. Il graduale interramento della laguna vide la decadenza di Equilio. Un risorgimento lo ebbe quando la Repubblica di Venezia nel ‘500, per opera dell’ingegner Alvise Zucharin, costruì un canale che metteva in sicurezza il sito dalle esondazioni del Sile e del Piave. Risale a quell’epoca il toponimo Cavazuccherina, che Jesolo ebbe dal Cinquecento, e che durò fino al 1930. Non proviene, come qualcuno potrebbe pensare, dall’essere il sito utilizzato per la produzione di colture attinenti lo zucchero, bensì dal nome del progettista del canale, l’ingegner Zucharin, accostato a “cava”, che voleva appunto dire canale. Un po’ fuori della città c’è il sito archeologico “Antiche mura” la cui zona, già diocesi di Equilium, conserva le rovine della cattedrale di Santa Maria, depredata dai nomadi Ungheri, seconda per dimensioni solo alla Basilica di San Marco. Negli scavi curati dall’Università di Basilea, è anche emerso che la cattedrale era stata eretta su una preesistente chiesa del VI secolo di cui si possono ammirare i frammenti di mosaico, e che per di più già aveva sovrastato i resti di un sacello paleocristiano. Alla caduta della Serenissima, gli sconvolgimenti portarono il territorio a far parte dell’impero austriaco, che ebbe il merito di dare il primo impulso al miglioramento delle zone lagunari molto paludose. La grande bonifica del 1930, voluta dalla legge Mussolini del ’28, diede la svolta al paese. Con le idrovore per il sollevamento delle acque tolse a Jesolo il carattere di palude, conquistò terra per l’agricoltura, e creò nuovi posti di lavoro. Il destino turistico di Jesolo risale al 1895, anno in cui fu costruito il primo stabilimento balneare. Tra le bellezze naturali, molto interessanti da vedere sono le valli da pesca e la vicina Laguna del Mort, alle cui spalle era stato progettato un grande resort golfistico, che poi non poté concretizzarsi. Numerose palazzine sistemate attorno al Campo, svolgono il compito di foresteria per i tanti stranieri che lo frequentano. Chiara Bardella, jesolana schietta, conduce con serietà e competenza il non sempre facile compito di segretario sportivo, sorretta dall’immancabile sorriso di Sonia. La vernice per il Club è il maestro: il pro Marcello Barzan, sostenitore della teoria del “Natural Golf”. Ricordo con simpatia il tempo in cui mi veniva proposto, e con piacere accettavo, di esaminare i neofiti che numerosi si affacciavano al mondo delle “Regole del Golf”.
Il progetto di Gian Paolo Mar e Marco Croze ha inteso valorizzare un’area di novanta ettari di pianura, creando un Campo da Golf tra il verde, dove la brezza marina tonifica il turista facendogli meglio accettare le canicole estive. Tipiche dune sabbiose arricchiscono il carattere del percorso che ha il sapore di quel mare, gratificato nel 2014 della bandiera blu delle spiagge. I soffici fairways e i grandi e veloci greens, in un percorso sempre curato che non presenta alcuna difficoltà, danno al turista il piacere del gioco rilassato, e sono di più sereno approdo a chi ha come meta l’agognata acquisizione dell’handicap. Paolo Pilla