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Luciano Morbiato presenta "Sperduti nella selva cinematografica"
IL BOSCO NEI RACCONTI: ALLA FONDAZIONE BENETTON 5 FILM DI GRANDI REGISTI
Mercoledì 10 febbraio si inizia con "Il posto delle fragole" di Bergman
TREVISO - Sperduti nella selva cinematografica è il tema del secondo ciclo della rassegna cinematografica Paesaggi che cambiano, promossa dalla Fondazione Benetton negli spazi Bomben di Treviso.
Cinque appuntamenti, tra febbraio e aprile, propongono un percorso attraverso film in cui la foresta non è solo parte della messa in scena, ma rappresenta un elemento chiave del racconto: dal bosco come luogo dell’infanzia alla vita in simbiosi con la natura, dal mito del cucciolo d’uomo cresciuto nella foresta all’impossibile ritorno nel paradiso della selva primigenia, fino al bosco delle fiabe di magia al tempo delle storie postmoderne.
Presenta ai nostri microfoni la rassegna cinematografica il curatore, il professor Luciano Morbiato.
«In sintonia con la programmazione e le linee di ricerca condotte dalla Fondazione – in particolare le Giornate di studio sul paesaggio 2016 dedicate al tema Sul ritorno del bosco – la scommessa della rassegna è legata a un tema frequentato e diffuso nel dibattito culturale ed ecologico che ha accolto in anni recenti un paradosso: dopo gli allarmi ripetuti per decenni sulla scomparsa della foresta nel mondo, ora si parla di boschi in città, una rivincita e una colonizzazione a rovescio, grazie alle quali il culto degli alberi torna ad essere una pratica o una mania, come alle origini della storia dell’uomo» spiega il curatore, Luciano Morbiato. «La presenza del bosco, della selva, della foresta nei miti, nella letteratura, nelle arti figurative è una costante inestricabile nel rapporto dell’uomo con la natura, in particolare con gli alberi, dalla dea Madre della vegetazione all’albero della vita (axis mundi), dai selvosi luoghi di culto dei Germani al bosco attorno al lago di Nemi, dalla selva oscura di Dante alla foresta di Dunsiname nel Macbeth, alle tante fiabe dove vengono abbandonati nei boschi bambini affamati e principesse. Il cinema eredita o saccheggia questo immenso patrimonio boschivo anche se preferisce lasciarlo sullo sfondo, non penetra cioè in profondità che molto raramente nell’intrico e nel buio, a meno che non faccia crescere nello studio, nel teatro di posa una selva artificiale, per poi illudere lo spettatore, sperduto nella rigogliosa selva cinematografica».
Il programma si apre mercoledì 10 febbraio alle ore 21 con la serata inaugurale, a ingresso libero, e la proiezione del film Il posto delle fragole (Svezia, 1957, durata 91’). Tutta una vita in un giorno: è l’impresa che a Ingmar Bergman è riuscita con Il posto delle fragole. La vita è quella del professor Isak Borg interpretato dal regista Victor Sjöstrom, pioniere del cinema svedese, ripercorsa nel giorno in cui all’università di Lund deve essere festeggiato per i suoi cinquant’anni di professione medica.
Dal sogno iniziale ai ricordi che affiorano dal passato, agli incontri – in particolare con i giovani, nei quali si rispecchia con simpatia – il protagonista ripercorre, rivive le sue esperienze, grazie anche al contatto con alcuni luoghi naturali dove sono accadute, le giudica, le condivide, in quanto proprie di ogni esistenza umana, e nello stesso tempo le rapporta alla loro inevitabile conclusione, alla morte, ma con un sentimento di accettazione e di riconoscenza che continua a incantarci.
Mercoledì 24 febbraio, alle ore 20.30, il programma prosegue con Dersu Uzala di Akira Kurosawa (URSS-Giappone, 1975, durata 140’). Da due romanzi del russo Vladimir Arseniev, esploratore della taiga siberiana agli inizi del Novecento, il grande Kurosawa ha tratto un film affascinante che, a metà degli anni ’70, ha aperto il cinema al dibattito ecologico, raccontando la storia (a volte idilliaca, a volte crudele) di un cacciatore solitario che vive in simbiosi con la natura che lo circonda, con i suoi elementi e le sue creature. Pur non essendo uno scienziato positivista, ma piuttosto un selvaggio, un cercatore di tracce e un animista che crede negli spiriti racchiusi nella corteccia degli alberi o nelle viscere degli animali, Dersu è una guida che dovremmo adottare per imparare non solo a conoscere ma a seguire praticamente le leggi della natura, in modo da evitare di moltiplicare quegli errori che possono portarci al suicidio collettivo.
Mercoledì 9 è previsto il film di François Truffaut Il ragazzo selvaggio (Francia, 1969, durata 85’). Le cronache sei-settecentesche si mescolano alle leggende di bambini scomparsi nei boschi e allevati dagli orsi o dai lupi, ma sono due memorie scientifiche scritte dal medico francese Jean Itard (nel 1801 e nel 1807) che sono servite a Truffaut per realizzare un’altra delicatissima opera sull’infanzia, dopo I quattrocento colpi e prima di Gli anni in tasca. Il film, solo apparentemente freddo, è in realtà pieno di sollecitudine e di simpatia, per il ragazzo-lupo ritrovato nei boschi dell’Aveyron, e di partecipazione solidale, per gli sforzi educativi messi in opera dall’illuminista Itard per portarlo a una condizione di socialità. L’affascinante resa visuale della vegetazione – tra radure e bosco fitto, tra luci e ombre – è merito della fotografia in bianco e nero del maestro Nestor Almendros.
Grizzly Man di Werner Herzog (USA, 2005, durata 103’) sarà proiettato mercoledì 23 marzo. Nella “dichiarazione del Minnesota” (1999) su verità e fatto nel cinema documentario, Herzog ha affermato che i fatti hanno uno strano e bizzarro potere che fa sembrare incredibile la loro verità intrinseca. Ben più di un “documentario” – peraltro originalissimo e legato alle concrete e molteplici testimonianze, interviste, documenti sulla tragica vicenda dell’ambientalista Timothy Treadwell – questo film di Herzog, il suo venticinquesimo lungometraggio, è anche un’altra disincantata riflessione sul posto occupato dall’uomo nell’universo e nella natura, senza alcuna possibilità di ritorni all’indietro, se non velleitari e perciò catastrofici. Il montaggio di tutti i materiali, compresi i filmati realizzati da Treadwell tra gli orsi del Karmai National Park dell’Alaska, sono commentati dalla voce off del regista, un camminatore infaticabile attraverso i cinque continenti che non ha mai perso l’orientamento.
La rassegna si conclude mercoledì 6 aprile ore con il film In compagnia dei lupi di Neil Jordan (Gran Bretagna, 1984, durata 95’). Tratta da alcuni racconti della raccolta La camera di sangue della giallista Angela Carter, che ne è cosceneggiatrice assieme al regista, questa versione fantasiosa e postmoderna di Cappuccetto Rosso introduce una serie di elementi conturbanti o, meglio, rende espliciti quelli già presenti in molte fiabe, dalla violenza all’erotismo, che sono stati portati alla luce dall’interpretazione psicanalitica. A partire dalla cornice moderna del sogno di Rosaleen – una bambina irrequieta e curiosa che vive in una casa al limitare del bosco (simbolo dell’ignoto e del suo fascino) – si innescano in maniera circolare i racconti in forma di incubi avventurosi ambientati in un favoloso passato, collegati e incrociati come tante scatole cinesi, in cui ospite fisso è il lupo (o il lupo mannaro), a conferma che children like to be scared (‘ai bambini piace essere spaventati’), come sapeva bene Italo Calvino.
La rassegna Paesaggi che cambiano è un’iniziativa della Fondazione Benetton Studi Ricerche, a cura di Luciano Morbiato con la collaborazione di Simonetta Zanon.
Auditorium spazi Bomben, via Cornarotta 7, Treviso.
Ingresso unico 4 euro, serata di apertura a ingresso libero.
Per le scuole secondarie di secondo grado è possibile riservare i posti per un’intera classe o per gruppi di studenti (ingresso 4 euro). Per informazioni e prenotazioni: perlascuola@fbsr.it
Per informazioni: Fondazione Benetton Studi Ricerche, tel. 04225121, fbsr@fbsr.it, www.fbsr.it