TREVISO - Favorire il ritorno in patria di migranti ospitati nei centri di accoglienza, ma che difficilmente otterranno lo status di rifugiati. E' l'obiettivo di un progetto, sposato anche dalla Cgil di Treviso. Come spiega Nicola Atalmi, componente della segreteria provinciale del sindacato, dei circa 2.500 stranieri oggi ospitati nelle strutture della Marca, il 70-80% non dispone dei requisiti per ottenere asilo, dunque, una volta terminato l'iter della richiesta (oggi peraltro velocizzato rispetto al passato), scarseggiando le opportunità di lavoro, queste persone rischiano di rimanere in Italia come irregolari, alimentando una bolla di illegalità e rischiando di finire nelle maglie della criminalità.
L'obiettivo, dunque, è farli rientrare nei paesi d'origine, con un percorso di reinserimento socio-lavorativo, anche con la possibilità di avviare esperienze di microimprenditorialità. Il programma di rientro volontario assistito è finanziato da fondi europei ed è articolato su scala nazionale: 235 i posti disponibili per il Nordest, in questa edizione finalizzata alle partenze fino a marzo 2018. A gestirlo, per l'area, è la cooperativa sociale Open Group di Bologna: ad ogni aderente, verrà riconosciuto un contributo in beni e servizi fino a 2mila euro, più mille euro per ogni familiare maggiorenne a carico e 600 per ogni minore, oltre alla consulenza e all'assistenza di un'equipe di operatori specializzati italiani e locali.
Per ora il progetto è rivolto a migranti originari di Senegal, Marocco, Tunisia e Albania, ma la Cgil punta ad ampliare la platea di paesi coinvolti, nonchè il numero di destinatari.
Giovedì 8 giugno, nella sede del sindacato, l'iniziativa verrà presentata in anteprima per il Veneto, con testimonienze di alcuni migranti rientrati in patria da altre regioni d'Italia e la partecipazioni anche di rappresentanti delle comunità straniere nel territorio. "Uno dei principali scogli da superare - conferma Atalmi - è la vergogna di questi ragazzi nel tornare. Per arrivare qui, hanno fatto un gravosissimo investimento personale e spesso anche da parte delle famiglie e dell'intera comunità: rientrare è dunque vissuto come un fallimento, tanto che preferiscono rimanere anche come clandestini. Vogliamo far capire che ci può essere un'alternativa e che questa esperienza può comunque essere utile in futuro". Per questo la Cgil propone che i corsi di formazione frequentati durante la permanenza in Italia valgano come titolo preferenziale in caso di una riapertura dei flussi di ingressi regolari dall'estero con una prossima ripresa dell'economia.