Antico centro benedettino, Codognè gode di una campagna fertile, adatta a un’agricoltura di pregio. Sono infatti presenti  vari corsi d’acqua, e come nella tipicità  del “Palù”, altre acque di affioramento spontaneo, risorgive, che risalgono a temperatura costante di circa 10 gradi.  Una bella campagna di pianura, a fertilizzarla sono le acque della Livenza e del Monticano. La Livenza gode anche di una cassa di espansione per lo sfogo delle acque di piena: Pra’ dei Gai, un bacino naturale protetto dalla Comunità Europea. Seicento ettari di prati ricchi di fascino.

La più attendibile versione dell’origine del nome della cittadina va ricercata nella natura, un fitonimo, per questo paese dai frutti d’oro noto sin dal Medioevo con l’appellativo di Codognedo.  È infatti terreno ideale per coltivare il cotogno “Cydonia oblonga”,

che può presentarsi a forma di mela o di pera. Originario del Caucaso, fino a qualche tempo fa il cotogno era molto diffuso in Italia, usato spesso anche per profumare la biancheria, ora la coltivazione è marginale. Fedeli all’origine, a Codognè continuano a coltivato, risulta particolarmente adatto  come portinnesto per il pero. Il frutto ha determinato il gemellaggio con Ixtlahuacán, cittadina messicana del “membrillo” (mela cotogna). Il melo cotogno messo a dimora accanto alla chiesa rammenta il mito greco del Giardino delle Esperidi dove le figlie della notte custodivano appunto l’albero dai pomi d’oro, rubati da Ercole nella sua undicesima fatica.

La natura si fa sentire anche sfoggiando un platano monumentale, un grande Platanus orientalis

alto circa ventisei metri e con circonferenza di 4,4, classificato nella lista dei 22 000 alberi monumentali italiani, uno dei 16 in provincia di Treviso, tutelato dalla guardia forestale. I suoi rami sovrastano la chiesa.

Le frazioni sono Cimavilla, Cimetta e Roverbasso, quest’ultima passata a Codognè dopo essersi staccata da Gaiarine. In questo contesto bucolico compaiono le ville venete: alcune in disarmo, altre al servizio dell’agricoltura. Villa Toderini è di splendore, vale la pena di andarla a conoscere.  

Edificata su modello francese a cavallo tra il sei e il settecento, da progetto di Gerolamo Frigimelica, totalmente staccato dalla tradizione delle ville venete; è un complesso scenografico. Rimane tuttavia a far parte di quell’insieme di ville edificate dal Palladio in quel periodo in terraferma su commissione dei patrizi veneziani, per sfuggire  alla calura di Venezia, o per dedicarsi alla caccia, o per luoghi di festa, e ancor più dedicata al servizio dell’agricoltura. Servì di dimora alla famiglia dei conti Toderini De Gagliardis nei periodi di villeggiatura. Nel passato ha avuto famosi ospiti, tra cui il poeta Ugo Foscolo e altri. Frigimelica Roberti era un architetto, poeta, umanista della Serenissima, il suo maggior progetto è quello di Villa Pisani a Stra. 

Villa Toderini si compone della grande abitazione signorile, di un oratorio, e del parco. L’edificio storico è tra i più affascinanti del territorio. Non è visitabile perché è abitato dalla proprietà, si può visitare il giardino, ricco di piante secolari. Una barchessa lì accanto è utilizzata come agriturismo. Porta lo steso nome, e gode la vicinanza della villa blasonata, la vista del parco e della grande peschiera.

Il giardino della villa era all’epoca bello e rigoglioso. Così lo descriveva nel 1795 Lorenzo Crico  canonico e letterato, autore di numerosi trattati di agricoltura: “piante crescenti, viali ombrosi ed erbe di tal sorte e di sapor”.

La peschiera è una rilevante opera di ingegneria idraulica del Settecento, sostenuta da uno sviluppato insieme di canali che la alimenta. 

Nell’ampio parco padroneggia la “Mutera”, una collinetta che cattura la vista, dicono  realizzata con il terreno di risulta dall’escavazione della peschiera, ma si può anche supporre che un tempo fosse un castelliere. L’incantevole gradino era utilizzato fino a poco fa, come ghiacciaia.

Ospite illustre di quel posto fiabesco fu Ugo Foscolo che a fine Settecento dedico due odi a Maria Teresa figlia del Toderini, nell’occasione che ebbe a farsi monaca.

La posizione geografica di Codognè tra il mare e l’entroterra, ha reso gli abitanti abili commercianti. L’attributo è ancora oggi rimasto, ma sono anche molto ingegnosi. È presente a Cimavilla di Codognè un’azienda di respiro internazionale che con misurato ma valente personale, progetta e prepara in accurata precisione gli equipaggiamenti professionali per il servizio catering nei treni ad alta velocità e di lusso: l’ Orient Express, Italo, Frecciarossa, ecc., A loro si rivolgono le nazioni che abbiano necessità di allestimenti di altissima qualità e precisione. E non solo, l’azienda fornisce anche il settore navale, e l’ospedaliero. Un made in Veneto di classe, riconosciuto egemone!

Due le chiese di interesse: la chiesa di Sant’Andrea a Codognè e quella dedicata a Sant’Ulderico a Cimetta. A Codognè esisteva  l’oratorio di Sant’Ubaldo ancora oggi presente, la chiesa attuale rinascimentale fu edificata nel ‘700. È imponente, a unica navata, sul soffitto un bell’affresco settecentesco. La facciata a capanna con semicolonne corinzie, presenta un bassorilievo che raffigura il santo a cui dà la dedica. Ha il frontone a dentelli, sovrastato da tre statue, il campanile ha una bifora su ogni lato, ed è ornato da una guglia conica.

 La chiesa di Cimetta, del ‘400, è stata edificata su un oratorio del ‘300. È a tre navate, con un’originale campanile. È bella la facciata color marmore, all’interno, una pala del ‘500, realizzata da Palma il Giovane.

Ora la popolazione sente forte l’esigenza di non dover disperdere questo insieme positivo che il paese ha raggiuto nel corso della sua storia. Il Comune risponde all’esigenza dei cittadini, ponendo vigilanza e cura degli antichi alberi e all’impianto di nuove alberature, in particolare di cotogno. E a tener viva l’attenzione su queste peculiarità, organizza incontri culturali, anche sotto forma di celebrazioni gastronomiche. Per tutto il mese di ottobre infatti, va in atto  l’iniziativa “Ristorando”: tutti gli esercizi che hanno a che fare con l’alimentare, in particolare panifici, pasticcerie, ristoranti propongono menù  a base di mela o pera cotogna.                            Paolo Pilla