Scaduti i termini per le indagini: due anni e mezzo la Procura chiede l'archiviazione
OMICIDIO SIMONETTO: IL DELITTO RIMARRÀ SENZA UN COLPEVOLE
Il 49enne di Farra di Soligo venne assassinato il 7 febbraio 2012
PIEVE DI SOLIGO – (gp) Due anni e mezzo di indagini serrate non sono riuscite a definire il movente, a trovare l'arma del delitto, ma soprattutto a incastrare l'assassino. Una morte che sembra destinata a rimanere un giallo quella di Emanuele Simonetto, il 49enne di Farra di Soligo, caporeparto dell'Arpa Verniciature di Pieve, ammazzato nella serata del 7 febbraio 2012 nel piazzale dell'azienda in cui lavorava. Il pm Giovanni Valmassoi, scaduto anche l'ultimo termine delle proroghe richieste per portare avanti l'inchiesta, sta riorganizzando le carte per chiedere l'archiviazione del fascicolo. Un omicidio irrisolto insomma che, salvo sviluppi futuri utili per poter riaprire il caso, rimarrà dunque senza un colpevole. In trenta mesi tutto quello che si poteva fare è stato fatto. Sono state interrogate oltre 300 persone, analizzata ogni singola chiamata effettuata da Simonetto nei due anni precedenti l'omicidio, controllati più di 80 profili di dna tra le centinaia e centinaia di persone che hanno avuto anche un singolo contatto con la vittima. E poi c'è il capitolo armi: perizie balistiche e tecniche sui frammenti di proiettile trovati nel corpo di Simonetto per poter escludere il maggior numero di fucili o pistole che potrebbero aver esploso i colpi, per arrivare a un range di 30 modelli che rimane comunque troppo ampio per individuare l'arma che ha sparato. Il traguardo però sembrava essere più vicino del previsto: tre faldoni di documenti, testimonianze, video delle telecamere di sorveglianza, intercettazioni telefoniche e ambientali avevano (e hanno) bisogno soltanto della “parola chiave” per decriptare una mole immensa di dati. Bastava insomma un elemento soltanto che fosse capace di collegare tutto quello su cui si è indagato finora, che purtroppo non è stato individuato. E pensare che il dna del killer è già in possesso degli inquirenti, così come le immagini dell'auto dell'assassino (anche se sgranate) riprese da una telecamera nascosta di un'azienda di via Pascoli, nei pressi della Mistral, sia il giorno dell'omicidio che nei tre precedenti sempre alla stessa ora, sempre nello stesso posto, in mezzo ai filari di viti di un campo confinante. Altri elementi ancora: il killer ha fabbricato da solo i proiettili e ha sparato con un fucile da caccia, probabilmente modificato artigianalmente per non far cadere i bossoli a terra. E poi c'è la prova regina: quella traccia biologica lasciata sugli occhiali della vittima e isolata dagli uomini del Ris di Parma. Tanti indizi che dopo due anni e mezzo rimangono ancora scollegati tra loro, per quello che a questo punto assomiglia sempre più a un delitto perfetto.