Molti solo bisognosi di riposo dopo l'orrore: uno studio di Gerardo Favaretto
LA FOLLIA DELLA GUERRA: IL MANICOMIO DI TREVISO NEL PRIMO CONFLITTO MONDIALE
Quasi 1.600 militari ricoverati al Sant'Artemio fino a Caporetto
Dallo scoppio del primo conflitto mondiale fino all'autunno del 1917, il manicomio di Treviso accolse il maggior numero di militari tra i vari ospedali del Veneto: 1575 persone, poco più dei 1556 di Padova. Questa attività e le vicende di quei pazienti sono ora al centro di un saggio di Gerardo Favaretto, direttore del Dipartimento di salute mentale dell'Ulss 9 (lo studio può essere letto sul sito internet dell'azienda sanitaria, nell'apposita sezione dedicata alla Grande guerra). Basandosi su cartelle cliniche, relazioni delle commissioni mediche militari, rapporti sul funzionamento dell'ospedale, ma anche su foto, lettere scritte ma mai inviate dai ricoverati o ricevute dalle famiglie, disposizioni dei comandi militari.
Dopo la disfatta di Caporetto, anche il Sant'Artemio venne evacuato. Dall'ospedale di Treviso dipendevano varie altre strutture, case di salute o cronicari come si chiamavano all'epoca, a Crocetta, Valdobbiadene, Oderzo, Mogliano. Dopo la ritirata, alcune di queste passarano sotto il controllo degli austrici, spesso con conseguenze terrificanti.
“I soldati che arrivano in ospedale sono spesso confusi – spiega Favaretto -. Molti sono mutatici, ovvero non parlano, altri sembrano continuare a vivere in un incubo, vedono morti intorno a loro e sentono rumori di guerra. Alcuni sobbalzano a ogni minimo rumore, sono spaventati, temono che una minaccia possa celarsi dietro ogni ombra e ogni momento. Poi ci sono quelli che invece si sentono stanchi, svuotati, privi di energia, oppressi dal loro stesso essere al mondo, tristi, sconfortati. Altri ancora sono agitati, furiosi, aggressivi. I soldati ricoverati a S.Artemio saranno studiati, indagati, conosciuti nelle loro vite, relazioni, abitudini. Quasi il 40 % non ricevono una classica diagnosi ma vengono valutati di “ non competenza” ovvero non mostrano un evidente malattia psichiatrica ma un quadro più lieve, di prognosi benigna che si risolverà probabilmente con un periodo di riposo”.