Rifiuta ogni rito alternativo per dimostrare la propria innocenza
IL "PROFUGO PUSHER" RESPINGE LE ACCUSE: "NON C'ENTRO"
Il 30enne, per difesa, è stato ingiustamente accusato
TREVISO - Arrestato perché accusato di spacciare marijuana nei giardinetti di Porta Altinia a Treviso, rimesso in libertà con l'obbligo di dimora a Casier all'interno della Caserma Serena, e ora convinto di poter dimostrare a processo la propria innocenza in quanto sarebbe stato ingiustamente accusato da un pregiudicato di Modena che al momento del blitz dei carabinieri di Treviso lo avrebbe indicato come il possessore dei 12 grammi di droga ritrovati dai militari nascosti in un albero. In sintesi è la vicenda che vede come protagonista un ragazzo del Gambia di 30 anni, richiedente asilo e ospitato alla Caserma Serena. Nel processo per direttissima, difeso dall'avvocato Roberto Uliana, il giovane ha scartato l'ipotesi di scegliere un rito alternativo decidendo di affrontare il processo per dimostrare che in primis che la droga non era sua ma anche che non ha mai spacciato nemmeno una dose. Il giudice ha rinviato l'udienza al prossimo 9 dicembre, quando in aula verranno chiamati a testimoniare anche colore che lo hanno accusato. L'arresto del giovane aveva provocato una sorta di terremoto politico. IL sindaco Giovanni Manildo aveva infatti annunciato il pugno di ferro: “Mi farò promotore affinché la richiesta d'asilo se concessa prima della sentenza definitiva venga revocata se fosse dichiarato colpevole. IL governatore del Veneto Luca Zaia aveva invece definito la situazione "grottesca". “Spero che il ministro Alfano, quando avrà finito di gongolare per il trasferimento di poche decine di clandestini in altri paesi d'Europa, si occupi di cancellare i ghetti che il Governo in questi mesi ha creato in Veneto”. Due giorni dopo l'arresto, e la liberazione del 30enne, le forze dell'ordine avevano effettuato un blitz all'interno della caserma Serena. Una cinquantina di uomini avevano perquisito da cima a fondo l'ex struttura militare, con tanto di cani antidroga al seguito. Ogni profugo era stato perquisito, così come ogni locale della struttura compresi il giardino e il perimetro esterno. Non è stato rinvenuto nemmeno un grammo di sostanze stupefacenti, armi oppure oggetti atti a offendere. Ma non solo: in due ore di perquisizione erano stati controllati anche i registri: tutte le persone erano effettivamente presenti, e non c'erano nominativi fittizi o di persone assenti, segno che il comportamento sia dei richiedenti asilo che della cooperativa è risultato esemplare.