Da giovedì la trattativa tra la nuova proprietà e i sindacati
LE ATTIVITÀ ON LINE DI INTESA NEL CENTRO DIREZIONALE DI VENETO BANCA
Ipotesi al vaglio per assorbire il personale in più
Se ne discuterà da giovedì, quando inizierà la trattativa tra Intesa Sanpaolo e i sindacati. Sul tavolo, in particolare, i circa 3.900 esuberi previsti dal piano: i vertici di Ca' de Sass hanno dichiarato di volerli gestire non con licenziamenti, ma tramite uscite volontarie per il prepensionamento, finanziate dal fondo di solidarietà rimpinguato da risorse pubbliche. In questo senso, 1.100 intereressati dovrebbero essere individuati nell'attuale organico delle due venete (che occupano, nel complesso, oltre 10mila addetti, con un'età media piuttosto giovane), mentre il resto arriverebbe dal personale di Intesa.
Annnunciata anche la chiusura di 600 filiali su 960. Per questo i sindacati non nascondono una qualche preoccupazione per la possibile mobilità territoriale: ovvero chi rimane, potrebbe essere costretto ad andare a lavorare in un luogo ben più distante dell'attuale sede. “L’intenzione sarebbe quella di spostare le lavorazioni, non i lavoratori – sottolinea Massimiliano Paglini, segretario generale della First Cisl Treviso Belluno, nonché responsabile nazionale per l’organizzazione per il gruppo (ormai ex) Veneto Banca – Questa è una tradizione di Banca Intesa: auspichiamo venga confermata nei fatti. Ci batteremo per trovare soluzioni di ricollocazione sostenibili, che consentano di mantenere un trend di vita normale, pur consapevoli della rivoluzione che abbiamo di fronte”. E l’impatto potrebbe essere pesante, in particolare, nella Marca, dove si concentrano circa 1.500 dipendenti dei due gruppi. Poichè chi dovesse opporsi al trasferimento, rischia il licenziamento, il segretario nazionale dell'organizzazione Giulio Romani avverte come la mobilità non debba trasformarsi in un aumento indiretto degli esuberi.
La stessa First, inoltre, lancia l'allarme sul destino (incerto) di altri mille lavoratori, dipendenti di varie società controllate dai due gruppi bancari veneti, come Claris Factoring o Bim, che non verranno rilevate da Intesa e, dunque, seguiranno il percorso della messa in liquidazione attraverso la cosiddetta "bad bank".