prima parte

È tempo di far conoscenza con questa città non grande, ma di interesse storico e culturale, conosciuta in tanta parte del mondo. Sì, può sembrare strano, ma lo posso ben dire io, per quanto spesso mi sia capitato di riscontrarlo: è conosciuta all’estero, e come molto interessante.

Le origini remote: Nella tarda Età del Bronzo, sotto la guida di Pilemene e a fianco degli Armeni, gli antichi veneti combatterono in Anatolia a difesa dei Troiani. Poi con Antenore giunsero nelle nostre terre, dove si ambientarono. Tra le altre città, fondarono Treviso, le cui origini sono quindi molto antiche, precedenti alla nascita di Roma.

Il suo toponimo è di genesi incerta, taluno lo ritiene di origine illirica, nel periodo dei Venetici, “Tervisus” (tre colline), altri dal celtico “Tarvos” (toro), e ancora il gallico “Trev” (villaggio di legno).

Da ricerche fatte, sembra che il primo insediamento degli antichi veneti fosse sui colli che vedono oggi le piazze S. Andrea e Filodrammatici. Da lì si ampliò poi sull’altura che oggi comprende Piazza dei Signori e Piazza Indipendenza. Tre colline, che mi farebbero ricondurre al toponimo di Tervisus.

Testimonianze di quel passato remoto emersero nel corso degli anni sui dintorni, e sul letto del Sile.

Nel 452 gli Unni di Attila conquistarono Aquileia, Altino, Concordia, Oderzo, e tutti i villaggi del litorale veneto furono saccheggiati, gli abitanti si rifugiarono in laguna. Pur senza aver subìto un rovinoso saccheggio da parte degli Unni che la vollero risparmiata, Treviso fu parte attiva nella costruzione di Venezia. Possiamo allora affermare che alcuni Trevisani divennero progenitori di quanti, qualche secolo dopo, ebbero a dominare il Mediterraneo.

All’avvento dei Romani, attorno al II sec a. C, la “Tarvisium” divenne un “castrum”, assegnato alla tribù Claudia. Si organizzò la viabilità con i classici Cardo e Decumano. Il primo corrisponde oggi al Calmaggiore con il prolungamento di via S.ta Margherita, il secondo all’odierna via Martiri della Libertà. All’attuale Loggia dei Cavalieri faceva capo il Quadrivium o Carubio, il punto d’intersezione del cardo con il decumano, tutto chiaramente riscontrabile. Questo tipo di struttura urbana voluta dai romani si riconosce in numerose città come Verona, Saragozza in Spagna, Colonia in Germania.

Tracce di romanità sono molte a Treviso, gradevole è il mosaico di via Canoniche, già battistero.

L’antico insediamento sorgeva dunque sull’isola formata dal Cagnan Grando (il ramo che comprende la pescheria), la Roggia e il  Sile. Le arterie principali si  allungavano a collegare la città antica ad Altino, alla via Aurelia, e alla Postumia, il territorio circostante fu centuriato. Acquisita la cittadinanza romana, Treviso divenne attiva nei rapporti con il mondo.

Nel 476 d.C. la potenza romana declinò, Treviso venne conquistata dai Longobardi.

Nel dominio dei Longobardi, Treviso divenne Ducato; sotto l’impero di Carlomagno ebbe la sua zecca, nel XII sec Federico Barbarossa lo riconobbe Comune.

Nel ‘200, con la presa di possesso di Ezzelino da Romano la città ebbe a subire alcune difficoltà, peggiorate poi dalle guerre tra Guelfi e Ghibellini, fin quando il guelfo  Gherardo da Camino iniziò a governarla saggiamente; fu noto mecenate, e come ricorda Dante nel canto XVI del Purgatorio, ebbe la fama di valoroso e cortese. “Pognamo che Gherardo da Cammino fosse stato nepote del più vile villano che mai bevesse del Sile o del Cagnano….: chi sarà oso di dire che Gherardo da Cammino fosse vile uomo? … Certo nullo … però che egli fu (nobile), e fia sempre la sua memoria.”

Fu lui a far edificare il convento di San Francesco e la Chiesa monumentale di San Nicolò, seppure con il denaro di Papa Nicolò Boccassino, trevigiano.

Treviso fu poi sotto il dominio degli Scaligeri, fino a quando, nel 1389 poté entrar a far parte della Serenissima, da cui venne accolta con contratto di fedeltà. Fu grande la gioia dei trevigiani, che goderono di lunga, prosperosa pace.

È dal Medioevo che la città di Treviso vien nomata “Marca gioiosa et amorosa”; a quel tempo, infatti, risale la sua fama di gaiezza nelle faccende amorose; fu frequentata da artisti e poeti che la esaltavano.  Il Boccaccio nel Decamerone la racconta ne “la danza trivigiana”: due amanti danzano sopra una panca, al cui interno c’è il marito della dama.

Terra generosa, furono qui numerose chiese, conventi che ospitavano frati e monache, sempre tuttavia permeata di quella gioia che la rese famosa, e che conserva anche oggi. Gioia che qualcuno ascriverebbe al piacere del cibo; non è a caso che Treviso svela la sua natura godereccia in città e nei dintorni, con l’abbondanza di osterie e trattorie, dove si possono gustare le specialità locali. Uno di questi piatti, il più famoso, è la “sopa coada”, un piatto delizioso.

Tutto bene, fino al 1797, quando entrò a gamba tesa Napoleone, che utilizzò chiese e conventi come caserme, impoverendo la città di opere d’arte. Seguì il passaggio all’Austria, nel 1866 i Bersaglieri  la liberarono, ma non erano finite le vicissitudini. Durante la prima guerra mondiale, subì gravi danni, nella seconda, ancora peggio: Senza valida ragione, il 7 aprile del ’44 fu vittima

di bombardamenti aerei da parte degli angloamericani con migliaia di vittime, e la distruzione di buona parte dei suoi edifici, patrimonio artistico.

Abbiamo qui tracciato qualche linea di storia di Treviso, varia e complicata, nelle prossime puntate entreremo a conoscerla nei particolari.   Paolo Pilla