la “Capitale mondiale degli Alpini”
Son poche le notizie protostoriche su Bassano, ma alcuni manufatti, mille anni a.C. ritrovati nella borgata di Angarano, ne confermano un insediamento.
Nel II secolo a.C. arrivarono i Romani, e sembra che il toponimo della città derivi proprio dal nome di un soldato romano, Bassianus, a cui era stato dato un “fundus”.
Ci furono poi i Longobardi, i Franchi, gli Ezzelini; questi ultimi furono la base militare «camera specialis», che con il supporto dell’Imperatore Federico II, poterono esercitare il controllo su tutte le città vicine, da Treviso a Brescia, da Trento a Padova, dalle quali ottennero ulteriore protezione.
Fu governata poi dai Visconti, finché nel ‘400 arrivò la Serenissima, che fece esercitare il potere da un podestà e da un Capitano. Era ampio, allora il territorio, comprendeva dieci degli attuali comuni prossimi al Brenta, e Bassano ebbe un periodo di vita felice, salvo quando, nel cinquecento, dovette subire gli attacchi dalla Lega di Cambrai. Bassano fu uno dei sedici reggimenti, dal Friuli alla Romagna, in cui era diviso il dominio di terra della Serenissima. Da questa governato, ebbe quattro secoli di pace: Protetta dalle mura, acquisì le funzioni di centro, si aprì al commercio, e nel ‘700, ottenne dal Senato la condizione di città. Prosperò con l’artigianato nell’oreficeria, nella lavorazione delle pelli, della lana e della seta, ebbe fama in Europa con la stamperia Remondini. Crebbe culturalmente, ebbe personaggi importanti come i pittori Da Ponte chiamati “i Bassano.
Arrivò poi Napoleone, e provocò tormenti: Nel 1796 cacciò gli austriaci dal Veneto, sconfiggendoli proprio a Bassano, ma dichiarò poi guerra alla Serenissima. Venezia era forte potenza sul mare, ma non in terra; il Doge Lodovico Manin, preoccupato per il popolo preferì la resa, e fu la capitolazione di Venezia. L’anno successivo, con il trattato di Campoformido Bassano tornò all’Austria, e vi rimase fino al 1805 anno in cui fece ritorno all’Italia, e divenne Capoluogo di Cantone.
Poi le due guerre, gli alpini valsero alla città il conseguimento della medaglia d’oro al valor militare.
Situato ai piedi delle Prealpi Venete, Bassano è bagnata dal fiume Brenta, che scende dal Trentino
in un’angusta valle, per sfociare nell’Adriatico, dopo una lunga corsa di 174 chilometri. I vicini prati sfruttati dagli armenti sono fertili, non soffrono di carenza d’acqua, neanche in momenti di forte siccità; non mostrano mai l’erba gialla, dal di sotto sale un’umidità costante.
È una città di grande fascino Bassano, di una bellezza pedemontana solida.
Il monumento più importante del centro è il ponte sul Brenta, detto Ponte Vecchio o Ponte degli Alpini. Il titolo è puramente onorifico, ricevuto nel 2008 dalla Associazione Nazionale Alpini, a celebrare il glorioso manufatto. Dopo di che, tutta la città ne assunse l’idioma.
Esisteva lì un ponte già dal ‘200, dalla sua nascita dovette sopportare tanti interventi, e fu più volte ricostruito. Nel ‘500 fu sostituito a opera di Andrea Palladio, che ebbe a progettarlo coperto di legno: un ponte tipico, tra i più caratteristici d’Italia. Fu distrutto da una piena nel 1748, ma fu presto ricostruito da Bartolomeo Ferracina, un grande: celebre orologiaio, ma anche abile ingegnere, che ricalcò il disegno del Palladio, e ottenne un eccellente risultato malgrado la diffidenza di chi aveva sollevato perplessità sulla sua competenza e capacità. Si guadagnò così la stima dei Savi, del Magistrato alle acque, che gli affidò numerose opere idrauliche, le più importanti del momento.
Per oltre tre anni, durante la prima guerra mondiale, migliaia di alpini attraversarono quel ponte per
salire sull’altopiano dei Sette Comuni, a sostenere sanguinose battaglie in difesa della Patria.
Ecco perché il “degli alpini”.
Situato alla conclusione della Valsugana, ai piedi delle Alpi venete tra l’Altopiano dei Sette Comuni e il Monte Grappa, Bassano è attraversata dal fiume Brenta. È la città degli Alpini, della ceramica considerate preziosa, dei pregiati asparagi bianchi, e anche della Grappa. Qui c’è la distilleria più antica d’Italia, autorizzata con il consenso del Doge in un provvedimento del 1779.
Nel centro storico, cinto da mura, fan bel vedere gli antichi palazzi, alcuni con la facciata affrescata. Punti di riferimento sono le attigue Piazza Libertà e Piazza Garibaldi, nei cui pressi c’è il Museo Civico, con una parte occupata dall’archeologia e da una considerevole pinacoteca, in cui sono conservate opere di artisti veneti… Da Ponte, Tiepolo, Ricci, dello scultore Antonio Canova. L’altra porzione narra il passato di queste terre. Lì accanto si trova la loggia del Comune, che si abbellisce
ulteriormente con un orologio pregiato del ’500, e con gli affreschi. A ridosso del fiume fa bella mostra il settecentesco Palazzo Sturm, che accoglie il Museo della ceramica:
oltre settanta stanze decorate con raffinate pitture settecentesche, prevalentemente allegoriche, che sottendono i progetti di vita della famiglia Ferrari proprietaria all’epoca.
Espone inoltre la variegata produzione dei Remondini, che con un vecchio torchio (siamo nel 600) produssero libri, incisioni, xilografie, giochi (suo il giro dell’oca) e nel ‘700 ottennero dai “5 Savi alla Mercanzia” la concessione di vendere in esclusiva le proprie opere, compresa la carta da loro prodotta, in assenza di dazi.
All’ingresso del Ponte sul Brenta , c’è la statua dell’alpino con la “morosa” che ricorda la canzone “Sul ponte di Bassano, noi ci darem la mano, noi ci darem la mano, ed un bacin d’amor”…. E sempre là accanto, c’è una particolare taverna che introduce al Museo degli Alpini e al Museo della grappa. Appena fuori del centro storico si trova la fortificazione medioevale, detta Castello degli Ezzelini, e il Duomo di Santa Maria in Colle. Ha questo una storia travagliata: prima del mille esisteva una
chiesetta, una pieve matrice del territorio, di tanto piccole dimensioni, che nel ‘200 divenne la cripta della nuova eretta. Nel corso dei secoli ci furono risanamenti, poi ulteriori edificazioni, a più riprese. L’attuale facciata non dice gran che, al suo interno però, si trovano belle cose: il seicentesco battistero in marmo rosso, l’organo del ‘700, i nove altari, e numerose tele pittoriche. La pala della Natività, del ‘500, è opera di Gerolamo da Bassano figlio di Jacopo.
Immagini gentilemente fornite da Elisabetta e Chiara dello IAT Bassano
Poiché tutti i salmi finiscono in gloria, dopo una visita a Bassano, se è la stagione, è giusto andar ad assaggiare il rinomato asparago bianco, conosciuto e apprezzato già dal ‘500. Paolo Pilla