Il poema della vita umana

Venezia, Ca’ Pesaro – Galleria Internazionale d’Arte Moderna

Sale espositive II piano 16 maggio – 28 settembre 2025

a cura di Elisabetta Barisoni e Matteo Piccolo

Un complesso e monumentale ciclo pittorico realizzato per il Padiglione Centrale dell’Esposizione Internazionale d’Arte del 1907, che racconta l’esistenza in chiave Simbolista: protagonista a Ca’ Pesaro il Poema della vita umana in un allestimento che rievoca la prima esposizione del fregio ai Giardini e che racchiude la visione degli autori del primo Novecento

Nella primavera del 1906 Aristide Sartorio realizza, su proposta del segretario generale della Biennale, Antonio Fradeletto, il suo capolavoro: un grande ciclo decorativo per il Salone centrale dell’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia del 1907. Basandosi su un ricco patrimonio di mitologia antica, illustra così il Poema della vita umana

Nel 1909 il Re d’Italia destinò le 14 scene a Ca’ Pesaro che le presenta oggi, restaurate, riunite in questa mostra, a cura di Matteo Piccolo e Elisabetta Barisoni: dal 16 maggio al 28 settembre 2025 il salone centrale del secondo piano della Galleria d’Arte Moderna di Venezia offre una visione in cui il visitatore si può immergere, accolto dalle quattro composizioni monumentali, alternate a dieci teleri verticali, in cui si dispiega una visione drammatica dell’esistenza, personificata dalle maestose figure nate dalla fervida immaginazione dell’artista romano. 

Un insieme che ripropone la storica esposizione de La Biennale ai Giardini; le sale adiacenti ricostruiscono il momento storico e rievocano lo spirito del tempo tra opere di artisti coevi a Sartorio, primi fra tutti Auguste Rodin e Max Klinger – presenti nell’allestimento del 1907- Henri Fantin-Latour, Ettore Burzi, Galileo Chini, partecipi del sogno simbolista, del realismo, fino alle soglie delle avanguardie storiche. Unitamente, trova ampio spazio la documentazione dell’importante restauro a cui il ciclo pittorico è stato sottoposto. 

Nelle quattro scene principali del Poema della vita umana prende forma un articolato significato di simboli, di indiscusso fascino nella loro complessa e misteriosa interpretazione: la Luce, la prima grande scena che il visitatore incontrava a sinistra, entrando nel salone della settima Biennale; di fronte si stagliano le Tenebre, in cui l’autore rappresenta la lotta della vita contro le forse insidiose della simulazione, una probabile allusione autobiografica in cui Sartorio sferza conto i “presunti amici” del mondo della cultura del tempo. Segue Amore in cui compaiono Venere, Urania e Pandemone, la favola di Amore e Psiche e Himeros – simbolo del desiderio amoroso, opposto ad Eros, il “buon amore”; di seguito nell’allegoria della Morte irrompono i cavalli di Thanatos, le arpie la annunciano, il Sonno di Ypnos la precede.

Una complessa iconografia messa in campo da Sartorio, vista e avvallata anche da Gabriele d’Annunzio, che si snoda come la sintesi tra mitologia mediterranea e cultura nordica: privo di elementi architettonici e risolto in monocromia, il ciclo pittorico affascina per l’eccezionale dispiegamento di figure in movimento che nei teleri delle Tenebre e della Morte assumono forma rotante, a conferma dell’intento simbolico dell’insieme. 

Quando Giulio Aristide Sartorio si impegnò nella grande, titanica impresa di decorare il salone del Padiglione Centrale della Biennale di Venezia, non poteva sapere con certezza quanta importanza quel ciclo decorativo avrebbe avuto per i suoi contemporanei e per gli anni a venire. Il ciclo monumentale arriva a noi come una delle opere più significative di arte decorativa pubblica, a rappresentare il sogno di un un’epoca profondamente simbolista e al contempo la grandiosa esperienza di nascita delle collezioni veneziane d’arte moderna, annota Elisabetta Barisoni.

Per portare a termine gli oltre 240 metri quadrati dell’opera in soli nove mesi Sartorio adotta una tecnica pittorica piuttosto rapida: “Ho usato una miscela di cera, acquaragia e olio di papavero”. Composizione confermata dalle analisi del Laboratorio di Scienze per la Conservazione del DAIS, Università Ca’ Foscari di Venezia.

Le quattordici scene, installate per l’inaugurazione della mostra del 1907, rimasero in situ anche per l’edizione successiva ed entrarono a Ca’ Pesaro grazie al dono che Vittorio Emanuele III fece, nel 1909, alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia.

Le complesse vicende del ciclo hanno lasciato segni evidenti nella storia conservativa di questo straordinario lavoro. Grazie all’ultimo restauro, avvenuto tra il 2018 e il 2019 finanziato da Chanel tramite Art Bonus, è stato possibile raccogliere un’ampia documentazione scientifica, utile non solo per selezionare gli interventi conservativi necessari per l’occasione, ma preziosa anche per la cura costante di questa splendida pagina della pittura italiana all’inizio del XX secolo. Per far comprendere appieno il significato del grande ciclo di Sartorio e restituire la giusta evidenza al Poema, la mostra ricostruisce il contesto sia attraverso documenti provenienti da diversi archivi, sia grazie a una scelta delle opere nazionali e straniere esposte alle Biennali negli stessi anni e pervenute contestualmente nelle collezioni di Ca’ Pesaro. 

Insieme al ciclo nell’Esposizione del 1907 e oggi eccezionalmente riuniti erano presentati il Pensatore di Rodin, opera iconica del maggiore scultore francese del tempo, donata nel nello stesso anno alla Galleria dal Sindaco di Venezia Giovanni Grimani e la scultura-capolavoro del tedesco Max Klinger, La bagnante del 1897. 

A questa prima, scenografica sala segue una seconda sezione che suggerisce altre visioni della ricerca di Sartorio, non solo rispetto ai temi simbolisti espressi nel Poema ma anche nella pittura di paesaggio, laddove i luoghi della natura diventano spazi dell’anima, i soggetti sono semplici, la resa intensa un inno poetico. Successivamente la mostra ripercorre il sogno che attraversa l’Europa ai primi del ‘900 ripercorrendo, inevitabilmente, autori e vicende che legano la giovane Galleria veneziana d’Arte Moderna e le prime edizioni dell’Esposizione ai Giardini, specchio dei rapporti di forza culturale tra le nazioni europee, sempre in bilico tra internazionalità e spinte regionalistiche. La terza sezione accorpa alcuni interpreti del Simbolismo internazionale, sia nell’accezione mitteleuropea che in quella mitologica mediterranea, per sfociare nella quarta sala dedicata al tema del paesaggio, visto attraverso presenze italiane e straniere, dal Simbolismo “dorato”, classico e talvolta più nordico della precedente. Il viaggio attraverso le collezioni della Galleria diventa in parallelo una storia della Biennale: a popolare la quinta sala sono gli autori della più raffinata scuola belga, il primo Padiglione Internazionale sorto nei Giardini, insieme a protagonisti provenienti dai territori tedeschi e austriaci, per arrivare fino alla pittura inglese e svedese. 

Un viaggio che, scandito dai protagonisti delle collezioni capesarine, arriva nel cuore della grande tradizione artistica occidentale: nel 1910, grazie all’intuizione di pochi, tra cui Barbantini, entrerà a Ca’ Pesaro l’opera più celebre delle raccolte civiche: Giuditta II di Gustav Klimt, capolavoro esposto come molti altri nelle sale del I piano del Museo, prosecuzione ideale della mostra.

Museo Ca’ Pesaro

Galleria Internazionale d’Arte Moderna

Santa Croce 2076 30135 Venezia Tel. +39 041 721127

Fondazione Musei Civici di Venezia

Chiara Vedovetto  con Alessandra Abbate

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Con il supporto di

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