CADE LA REPUBBLICA DI VENEZIA

Giorno di sofferenze per il popolo veneto, il crepuscolo della Serenissima Repubblica di Venezia: I nobili del Maggior Consiglio hanno lasciato cadere la gloriosa millenaria storia di un popolo abituato a uscire vincitore da ogni avversità accorrente nello “Stato da mar e in quello da tera”, una potenza economica ammirata dal resto del mondo dove arte, cultura, ingegno, scienza erano di casa. Canaletto, Goldoni, Palladio, Vivaldi, Tartini, Tiepolo e molto altro, tutto lasciato tra le braccia di Napoleone. Lodovico Giovanni Manin 120º e ultimo Doge dovette le braghe, significò la fine ingloriosa di quella saggia, libera Repubblica, e i suoi 1200 anni di buon governo.                     

Alla Fondazione Cassamarca di Treviso è presente il bel quadro di Rosa Bortolan, rappresenta l’incontro del procuratore della Repubblica di Venezia Angelo Giustinian che si oppone alle pretese di Napoleone, e chiede fermamente di non distruggere Venezia.

Ventisette anni fa, il 12 maggio 1997, con i miei compagni amici del cavallo, organizzammo una cerimonia per il bicentenario della caduta di Venezia. Fu una cerimonia memorabile. Nell’antica chiesetta sconsacrata di Spresiano si era sistemato il gruppo di opitergini entusiasti studiosi della storia del Veneto in uniforme, assiepata altresì di appassionati amanti della cultura veneta. Il veneziano di nobili origini Alvise Zorzi giornalista, scrittore e biografo, tenne un sermone sull’argomento. A discorso ultimato, con una carrozza bardata, trainata da un tiro a quattro e

scortata da sei cavalieri, ci recammo sul vicino Piave a Lovadina. La carrozza rimase all’esterno, i cavalli superarono l’argine e si misero allineati sul Piave. Noi officianti, con il gruppo di Oderzo nelle loro mantello sull’argine, iniziammo la celebrazione. Non era certo per festeggiarne la caduta, era per far la pace con quel tempo passato, ricordare la grandezza, nella convinzione di esserne ancora degni. Una folla applaudente ci ha gratificato.

 In molta parte del Veneto c’è un forte ricordo, e il desiderio di conoscere la sua storia. E non solo, molti hanno il desiderio di riappropriarsi della lingua veneta, andata in oblio.

Sull’onda di questo ho frequentato una serie di lezioni serali sulla lingua veneta, in un bel posto, la “casa dei mezzadri” a Ponzano, tenute  da un colto veneto, il dr Alessandro Mocellin.

Sono sempre stato estimatore della nostra lingua veneta, ho frequentate tutte le lezioni, ha trovato conferma il desiderio di non perdere l’identità legata al linguaggio. Il nostro docente ci ha fatto conoscere che tutte le grandi opere sono state tradotte in lingua veneta: Dante, Petrarca ….

Alla conclusione del ciclo di studi, il sindaco di Ponzano ha autorizzato una cerimonia che non pensavo tanto bella e interessante, oserei dire stupenda. Era in perfetta sintonia con quella che organizzai oltre un quarto di secolo fa. Non c’era niente di politicante, era la manifestazione di orgoglio di persone che sentono vivo il legame con quello spirito veneto.

A presentare i momenti della manifestazione, una signora, Giustina Renier, che grandemente conoscitrice della storia veneta, ha saputo colorire con forza due ore di spettacolo: trenta tra armigeri vestiti con la divisa del 16° Reggimento Treviso 1797 armati di fucili dell’epoca, un cannone e una bombarda “masculo veneto” tutti funzionanti, e otto signore nel loro ruolo a

rappresentare le donne venete che nella vigilanza attiva accompagnavano i mariti in guerra. Non solo lei, tutta la famiglia andava in guerra che in genere durava molto tempo, anche i bambini, per qualche periodo. Di plauso le parole del sindaco, dell’assessore alla cultura della Provincia, spettacolo le marce dei soldati al suono del tamburo, potenti gli spari del cannone e delle armi da spalla. È stata una manifestazione toccante.                    Paolo Pilla