scopri la grande mostra con Marco Goldin

la grande mostra Da Picasso a Van Gogh. Storie di pittura dall’astrazione all’impressionismo. Capolavori dal Toledo Museum of Art , curata da Marco Goldin e composta da oltre 60 dipinti in arrivo dal museo dell’Ohio, segna il ritorno dopo diversi anni, nella bella Treviso città d’acque, delle grandi mostre internazionali ( Museo Santa Caterina, dal 15 novembre 2025 al 10 maggio 2026 ). Prevendite e prenotazioni già attive ( biglietto.lineadombra.it oppure 0422 429999, biglietto@lineadombra.it ). Marco Goldin, in sei puntate successive in questo mese di luglio, racconta la mostra in esclusiva per il pubblico di Linea d’ombra. Oggi la prima puntata.

Non sembri strano, e soprattutto un errore, che nel titolo Picasso venga nominato prima di Van Gogh . Così come nel sottotitolo l’astrazione precede l’impressionismo . È solo un modo per far capire, fin dal primo istante, come il percorso di questa mostra va a ritoso nella storia dell’arte, secondo una scansione cronologicamente contraria rispetto all’usuale. Il mio intento, attraverso i tanti, straordinari capolavori che arriveranno a Treviso dal Toledo Museum of Art, dalla metà dell’Ottocento agli ultimi decenni del Novecento, è quello di raccontare perché l’immagine astratta sia nata in America come in Europa, a partire dalla metà del Novecento, e quale sia stata la genesi di questo fenomeno.

Per tale motivo la mostra rimonterà indietro nel tempo, e ne capiamo bene il senso fin da questa prima puntata, che ha quale snodo centrale una grande e meravigliosa versione delle Ninfee , dipinta da Claude Monet durante il tempo della Prima guerra mondiale. Proprio quel Monet che con tali quadri è stato fulcro per molti tra i principali pittori astratti , alcuni presenti in questa mostra. Per esempio, la vastità luminosa in Helen Frankenthaler, o anche l’abbrunarsi della notte distesa in Morris Louis, o trasmessa in fessure come di grate percorse dal vento in Ad Reinhardt. Molto spesso, come a Monet alla fine della sua vita, ai pittori serviva anche un’altra vastità, che era quella della tela, che infatti si ampliava sempre di più.

Non è quindi strano che anche il museo di Toledo abbia accostato ai tanti quadri astratti dei pittori americani, ma anche europei da Mondrian a Klee che tutti si vedranno a Treviso, la grande versione delle Ninfee che giunge in mostra, a significare quel legame clamante che c’è tra la tarda e incantata pittura di Monet e quella di molti astrattisti. Per queste tali opere saranno ospitate nella stessa sala, la prima del percorso espositivo, che sarà un’autentica sorpresa per il pubblico italiano.

L’ inondazione della Senna che sconvolge il giardino di Claude Monet a Giverny , all’inizio del 1910, può essere una prefigurazione dello spazio totale e del vuoto totale su cui galleggiano i fiori. Quello spazio, dilatato e immenso, caro poi agli artisti dell’astrazione americana. Il 30 aprile del 1914 – dopo i lunghi anni di vera e propria ricostruzione del giardino – Monet, felice dell’inizio di un nuovo periodo di lavoro, scrive pieno di entusiasmo a Gustave Geffroy: “Conto anche di intraprendere grandi cose, delle quali vedere dei vecchi tentativi che ho ritrovato in cantina. Clemenceau li ha visti e ne è rimasto affascinato. Li vedrete presto voi stesso, spero.”

E come questo nuovo ciclo rappresentasse l’ addentrarsi in territori inediti e impervi , lo sentiamo anche dalla lettera famosa del 3 agosto 1918 a Gaston Bernheim-Jeune: “Lavoro sempre di più, ma con quanta pena! Sono schiavo del lavoro, cercando sempre l’impossibile. Non ho più molto tempo da vivere e ciò fa consacrare tutto il mio tempo alla pittura, con la speranza di arrivare, infine, a fare qualcosa di buono, che mi soddisfi, se possibile.

Le grandi tele della seconda metà degli anni dieci , dunque anche quella del museo di Toledo , mostrano diverse variazioni rispetto alle ninfee precedenti. A questo, evidentemente, contribuisce in misura determinante il fatto di essere lavorate non semplicemente come soggetti autonomi, ma anche quali tappe di avvicinarsi alle “Grandi Decorazioni” per l’Orangerie. Il viaggio di Monet ha ormai preso senza più alcuna esitazione la strada dell’anima

Marco Goldin