Ottant’anni fa, il 6 agosto 1945, mentre Hiroshima veniva devastata dalla bomba atomica, un giovane soldato tornava finalmente a casa dopo due anni di prigionia.
Era Gino Lorenzon, internato nello “Stalag XVII A” nei pressi di Vienna.
Oggi la sua storia, rimasta a lungo nel silenzio, riaffiora grazie alle ricerche del figlio e al ricordo promosso dal Comune. 
Il 6 agosto 1945, mentre il mondo veniva sconvolto dalla notizia del bombardamento atomico su Hiroshima, a San Biagio di Callalta un giovane tornava finalmente a casa.
Dopo quasi due anni trascorsi nei campi di prigionia tedeschi, Gino Lorenzon, allora 27enne, varcava di nuovo la soglia della sua abitazione.

Oggi, a ottant’anni di distanza, la sua storia riaffiora e viene restituita alla memoria collettiva grazie al lavoro del figlio Paolo e all’impegno del Comune.
Lorenzon, nato nel 1918, era telefonista nel 4° Reggimento Artiglieria dell’Esercito Italiano. Venne catturato a Spalato (Jugoslavia) dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e deportato nello “Stalag XVII A”, un campo di concentramento nei pressi di Vienna.

Come molti altri militari italiani, rifiutò di collaborare con il regime nazista e per questo subì fame, gelo e isolamento fino alla liberazione da parte dell’Armata Rossa, nel 1945.
Tuttavia, una volta tornato a San Biagio, Lorenzon scelse il silenzio.
Non parlò mai della sua esperienza, forse per proteggerne il dolore o per non appesantire chi gli stava accanto.
Oggi, quel silenzio viene interrotto.
Paolo Lorenzon, partecipando alle ultime celebrazioni della Giornata della Memoria, ha deciso di indagare nel passato del padre e ha ricostruito, attraverso documenti dell’Archivio di Stato, lettere e corrispondenze, la drammatica esperienza di prigionia.
Tra queste testimonianze emerge anche una missiva in cui Gino esprimeva amarezza per non aver ricevuto i materiali di prima necessità che aveva richiesto.
«Leggere quelle carte significa ridare vita a una storia che per troppo tempo è rimasta nel silenzio» hanno dichiarato il sindaco Valentina Pillon e l’assessore alla Cultura Elena Pagotto; «Gino Lorenzon rappresenta tanti giovani che pagarono un prezzo altissimo alla guerra e il cui sacrificio non deve essere dimenticato. Ricordarlo oggi, esattamente ottant’anni dopo il suo rientro, è un atto di memoria e di gratitudine; anche perché il mondo, purtroppo, sembra non aver ancora imparato abbastanza dalle ferite di un tempo passato, ma pur sempre quanto mai vicino a noi».

Grazie a questa iniziativa, il nome di Gino Lorenzon è ora inciso nella stele commemorativa dedicata agli internati di guerra di San Biagio di Callalta.
Un ritorno, quello del 6 agosto 1945, che oggi assume un significato ancora più profondo: mentre l’umanità entrava in una nuova e drammatica era con la bomba atomica su Hiroshima, per una piccola comunità trevigiana iniziava la ricostruzione attraverso il rientro di uno dei suoi figli.