È bella la valle, è lunga, è una popolosa vallata lungo il corso del Piave, ma è anche un Municipio. Borgo Valbelluna è infatti il nome dato all’unione dei tre Comuni originari: Trichiana, Lentiai, Mel. È su quest’ultimo, (dal 2017 considerato uno dei “borghi più belli d’Italia”), che insiste il Municipio, ma è anche quello su cui voglio soffermarmi. Era tanto tempo che desideravo visitare Mel, ora ho potuto farlo, sono rimasto impressionato da quante interessanti cose mi ha permesso di conoscere.


La sua storia risale al paleolitico, agli antichi veneti, gli Heneti, che lasciarono la Paflagonia circa 1200 anni a.C. Nei miei studi sull’origine dei Veneti e il loro insediamento sulle nostre terre, mi ero soprattutto soffermato sulla via che da Este porta a Calalzo, e proseguire poi per la Normandia e l’Inghilterra. È invece chiara la loro presenza in queste terre prealpine, che rappresentavano un’eccellenza per il loro benessere. Qualche reperto è venuto alla luce, ce n’è testimonianza al museo archeologico nel palazzo delle Contesse di Mel, ma molto altro sarebbe da portare alla luce.
È un ambiente di montagna, è difficile pensar che qui, totalmente al di fuori dei principali circuiti turistici, ci fosse stata tanta cura, un fiorire di ville venete. In quella cinquecentesca piazza è da mettersi seduti, e sorseggiando un caffè, ammirare il buon gusto di quei palazzi che la circondano in perfetta armonia architettonica.

Gli antichi veneti avevano trovato qui terreno fertile, ricchi boschi, la vicinanza all’acqua, stavano benone, si erano stabiliti saldamente. Furono un po’ disturbati da invasori barbarici come i Celti, i Galli Cenomani, ma seppero sempre difendersi. Si mescolarono con i Romani che tenevano in grande considerazione il sito, tanto che vi fecero passare l’importante strada, la via Claudia Augusta Altinate, che andava da Altino sino ad Augsburg (Augusta) in Baviera, costruita da Claudio poco prima del 50 d. C. Poi, con l’avvento della Serenissima, i Veneti ebbero il loro momento migliore. Le risorse naturali del territorio erano importantissime per Venezia: il legname, necessario ai cantieri navali della Serenissima, veniva tagliato nella foresta di Cajada, portato al porto fluviale, da cui si provvedeva a far scendere i tronchi lungo il Piave, fino alla laguna.
Durante la dominazione della Repubblica Veneta, nelle zone pedemontane della Valle, nascono numerose ville e fabbricati al servizio dell’agricoltura, tutte nel rispetto del paesaggio circostante.

Nel ‘400, questo era il “Contado di Zumel”. Il Doge Mocenigo nominò Conte di Mel la famiglia Zorzi, signori che vi rimasero feudatari per tre secoli. Passò quindi alla famiglia Gritti, che resistette fino al 1797, caduta della Repubblica Veneta ad opera di Napoleone.
Il museo di Mel non è molto grande, ma custodisce reperti importanti, tra cui una spada del XV sec. a.C. rinvenuta sul greto del Piave, una chiave rituale hallstattiana stranissima, in bronzo, del VII secolo a.C., ritrovata occasionalmente nel 1994 sul monte Nenz (Trichiana). La chiave molto particolare è in bronzo, con il manico a cannone, e lungo l’asse porta un cavallino; termina con un ventaglio a traforo, e pendagli a forma di coda di rondine (è il caso di ricordare che gli antichi veneti erano espertissimi con i cavalli, i loro bianchi cavalli, di cui rimane traccia nella odierna “razza Piave”). L’oggetto, di provenienza dal nord delle Alpi, testimonia il controllo territoriale del traffico commerciale che gli antichi veneti esercitavano, indicativo inoltre di quanto considerassero la vallata di particolare importanza religiosa.

Tra gli altri rinvenimenti esposti di sicuro interesse, un tesoretto di monete d’argento rinvenuto nella campagna di Morgan; il corredo funebre del nobile longobardo di Castelvint a Mel, e vari reperti preistorici provenienti da Col de Varda e Nareon (Trichiana), Farra e Bardiaga (Mel). Numerosi altri, provengono da scavi archeologici recenti, a Lentiai.
La mia visita era programmata a seguito di un convegno di operatori della stampa, in occasione delle celebrazioni per il Sessantesimo dalla tragedia del Vajont; una tavola rotonda che metteva a confronto le figure giornalistiche di Tina Merlin e Dino Buzzati.
Dopo le fatiche, è stato bello assaporare alcune specialità locali, con cui il famoso ristorante “Al Moro” di Mel ci ha gratificato servendoci un eccellente buffet, sul cortile del Palazzo “delle Contesse”, ospiti dell’Associazione Internazionale Dino Buzzatti. Paolo Pilla