Di documentazione sulla zona ne abbiamo solo dal XII secolo, allorquando il sito era detto Casale Silerii, ma i successivi ritrovamenti provano la presenza dell’uomo fin dall’età del bronzo.

Al tempo dei Romani era un “vicus”, un semplice aggregato rustico privo di auto governo. Situato tra gli agri di Treviso e Altino, era sottoposto ad un “Magister” che amministrava la giustizia.

Nel Medioevo Casale sul Sile era parte di Treviso Signoria della nobile casata dei da Camino, discendente da un ramo dei Collalto. Nel XII secolo i Caminesi vissero un periodo infausto conclusosi tuttavia con la loro salvezza. Nelle sconfitte e nei trionfi, i Da Camino nel ‘200 ebbero un costante belligere, maggiormente contro lo spietato condottiero Ezzelino III da Romano, che conseguì il dominio anche sulle terre che proprio da allora assunsero la denominazione di Marca Trevigiana. Fu quella una guerra da considerare tra Guelfi e Ghibellini. Giunsero poi i da Carrara Signori di Padova, famiglia aristocratica di origine  longobarda. Governarono la Marca per un periodo limitato sul finire del ‘300, profusero impulso culturale rivolto alle arti figurative. Sconfitti dai Veneziani, dovettero rinunciare al desiderio di far soggiacere il territorio al governo di Padova.

C’era da tempo a Casale un fortilizio con torre sulla riva destra del Sile, adatto al controllo dei traffici. Considerata la funzione strategica di quella rocca, i Carraresi la conquistarono, e la completarono con una seconda torre tuttora esistente. La torre originaria, come anche il castello restaurato nel ‘400, non ci sono più. Non senza difficoltà costruirono anche una galleria sotto il fiume, la cui imboccatura è tuttora riscontrabile ai piedi della torre. Visibili sono anche le segrete, in cui venivano imprigionati i nemici. La nuova torre, ben restaurata, fa bel vedere nel parco.  Taluno sostiene che nei pressi ci sia un tesoro, nascosto da Attila re degli Unni.

A Casale c’è la seicentesca Villa Canossa in pietra, in buono stato, simmetrica su schema tripartito; come elemento decorativo un arco a tutto sesto, accostato a due aperture sormontate da architrave. Sulla facciata principale, due stemmi. La villa di proprietà privata ha impianto simmetrico, poco discosta c’è la barchessa che ha avuto rimaneggiamenti; di originale conserva solo il porticato decorato a finto bugnato, molto bello. Il giardino è circondato da folta vegetazione. Oggi la villa è annoverata tra i beni architettonici della Regione Veneto.

Gli ulteriori avvenimenti di Casale seguirono per intero quelli di Treviso, fino al 1797: occupazione francese, poi austriaca, a cui seguirono l’annessione al Regno d’Italia e i due conflitti mondiali.

Due sono le frazioni di Casale sul Sile: Lughignano e Conscio. Adagiato sulla sponda occidentale del Sile, Lughignano che nel tempo andato fu luogo deputato al transito per i traffici fluviali, trova citazione più antica: tre secoli più indietro rispetto al capoluogo.

Si dice che verso la fine del Quattrocento Caterina Cornaro vi fece erigere una villa per farne dono di nozze alla sua damigella favorita Fiammetta. Sarebbe questa, Villa Barbaro, seppur conosciuta con nomi diversi. Sembra però attendibile che sia stata fatta edificare dalla famiglia Nani oggi Mocenigo, che la cedette poi ai Barbaro patrizi veneziani. Sta di fatto che si tratta di un edificio con stile di transizione, di particolare forma cubica, su modello del palazzo gotico veneziano. La facciata principale guarda il fiume, a cui si accede attraverso un vialetto che porta all’approdo. È bello il portico,  costituito da cinque archi a tutto sesto, quattro colonne in marmo rosso con capitelli lavorati in preziosità. Anche negli interni l’edificio riafferma la struttura dei palazzi veneziani a pianta quadrata tripartita, con il bel salone centrale. È la più antica tra le ville che giacciono sulle rive del Sile. Cambiò varie proprietà, il tempo e le due guerre la resero fatiscente: divenne deposito agricolo, si salvò dalla demolizione nel 1967 per interessamento di Bepi Mazzotti che ne suggerì l’acquisto all’ingegnere milanese Enrico Gabbianelli.

L’altra frazione, Conscio, fino all’avvento di Napoleone non faceva parte del Comune di Casale, bensì a quello di Casier. Da quel che è dato sapere le sue origini sono molto antiche, dell’età del ferro. Era qui che si radunavano gli abitanti del Vicus. Il ritrovamento di un martello in pietra che risale all’epoca degli Euganei, ne testimonia la presenza umana. Come narra Tito Livio, erano costoro una popolazione stanziata tra le valli delle Alpi e il mare Adriatico, prima che arrivassero i Venetici dalla Paflagonia. Permisero l’insediamento a questi ultimi, ritirandosi loro più a nord nelle valli alpine, dove si confusero con i Reti.

Tra le origine del toponimo Casale, la più suggestiva trova il nesso con il latino caseum, formaggio. È ben noto infatti l’apprezzamento dei Romani per le pecore di Altino.

A segnare la sua storia è stato ed è il Sile, antica via di comunicazione. A lungo le sue rive hanno visto un via vai di grossi barconi privi di motore, i burci, trainati da cavalli lungo l’Alzaia. Trasportavano granaglie, legna, carbone e qualche animale. L’Alzaia è oggi pista ciclabile, che dalla Baviera porta a Venezia. Leggenda vuole che le rive del Sile siano popolate dalle “Anguane”, creature mitologiche, sirene che vegliano sulle valli, proteggono i torrenti, le foreste e i monti.               Paolo Pilla

il cimitero dei burci