Partecipatissimo il convegno tecnico organizzato a Valdobbiadene da Confraternita e Fondazione.
Una platea attenta e interessata ha assistito ieri sera al convegno tecnico organizzato dalla Fondazione Valdobbiadene Spumante, unitamente alla Confraternita e in collaborazione con l’Università di Padova, sulla flavescenza dorata della vite, con particolare riferimento alle recenti indagini e alle strategie per il suo contenimento. L’auditorium di Villa dei Cedri a Valdobbiadene è riuscito a stento ad accogliere il numerosissimo pubblico accorso per capire lo stadio di avanzamento della ricerca scientifica e per cercare rassicurazioni in merito a quello che è stato definito un vero e proprio flagello per la vigna.
Alberto Pozzebon, docente di Entomatologia generale e applicata presso il Dipartimento DAFNAE dell’Università di Padova, si è soffermato sul controllo di Scaphoideus titanus, la cicalina responsabile della flavescenza dorata, nel contesto della difesa integrata, e sulla necessità di potenziare i monitoraggi tra i filari per riuscire a individuare nel minor tempo possibile la presenza del vettore e avviare gli interventi, compresi quelli chimici, che sono tanto più efficaci quanto più precoci: “Le strategie di lotta – ha avvisato il professor Pozzebon – devono perà prendere di mira il bersaglio, senza danneggiare gli acari utili al vigneto, altrimenti gli effetti collaterali rischiano di prendere il sopravvento”.
Rita Musetti, professore ordinario presso il Dipartimento TESAF, Unità di Ricerca di Patologia Vegetale dell’Università di Padova, ha focalizzato l’attenzione sul floema e sulla sua risposta immune, l’ultima frontiera della ricerca: “Ci stiamo concentrando – ha spiegato – sul fenomeno della recovery, o remissione spontanea, come possibile strumento per contrastare i fitoplasmi della vite. Le piante recuperate diventano infatti più resistenti grazie all’attivazione di meccanismi di difesa che sono ora oggetto di studio”. In particolare i ricercatori ipotizzano che un determinato ormone sia responsabile del meccanismo che va ad attivare una sorta di memoria molecolare. Al momento sono stati individuati dei geni che potrebbero fungere da serbatoio di informazioni. Le premesse sono ottime, ma la strada è ancora lunga.
Pienamente soddisfatto, per la partecipazione del pubblico, mai così numeroso, e per l’importanza delle relazioni tecniche, il presidente della Fondazione Valdobbiadene Spumante: “Quest’anno abbiamo voluto puntare l’attenzione su un tema di stretta attualità – ha commentato Floriano Curto – e di grande preoccupazione per l’intero comparto viticolo. Ci solleva sapere che la ricerca scientifica sta procedendo a passi spediti. Ci auguriamo arrivi presto a una totale comprensione del fenomeno e dunque alla sua completa soluzione”.
A margine dei lavori del convegno è stata consegnata la borsa di studio che ogni anno la Fondazione conferisce a uno studente dell’Università di Padova. Il Premio di Studio è stato conferito a Pietro Merotto di Farra di Soligo, neo dottore in Scienze e Tecnologie Viticole ed Enologiche, per la sua tesi di laurea che verteva sulla “Distribuzione spazio-temporale di Scaphoideus titanus in vigneti biologi”.